Bologna. Corte Assise. “Il 2 agosto 1980 fu una strage di Stato. Cavallini sapeva”

AgenPress – A carico di Gilberto Cavallini non c’è solo “la sua partecipazione a fatti criminali nell’ambito delle formazioni spontaneiste di estrema destra, ma anche, più significativamente, il suo ruolo di elemento di collegamento all’interno della galassia eversiva formatasi sul finire degli anni Settanta”.

Così la Corte di assise di Bologna motivando la sentenza che un anno fa ha condannato all’ergastolo il quarto Nar per concorso nella strage del 2 agosto 1980. Gilberto Cavallini “era tutt’altro che uno ‘spontaneista’ confinato in una cellula terroristica autonoma. Nonostante la sua maniacale riservatezza il suo nome è comparso in molti scenari, direttamente e/o incidentalmente”.

“Risulta chiaro che Cavallini, con i suoi ‘collegamenti’, era pienamente consapevole dei disegni eversivi che coinvolgevano il terrorismo e le istituzioni deviate”, sottolinea ancora la Corte.  “Ciò anche in ragione della maggior esperienza criminale dovuta alla differenza di età con gli altri coimputati, all’epoca dei fatti poco più che maggiorenni o addirittura minorenni, e del suo più articolato percorso criminale”.

“Gilberto Cavallini quindi è colpevole anche nella sola ipotesi ‘minimale’ del contributo logistico e agevolatore dato dall’ospitalità da lui concessa al duo Mambro-Fioravanti”, scrive la Corte di assise di Bologna motivando la sentenza che un anno fa ha condannato all’ergastolo il quarto Nar per concorso nella Strage di Bologna. Chiedendosi come mai si sia arrivati al rinvio a giudizio di Cavallini per strage solo nel 2017, i giudici sottolineano: che “il contributo agevolatore fosse integrato anche dalla semplice ospitalità concessa all’attentatore” era “di immediata percezione anche per il profano. Ben 38 anni anni fa”.  “Il dilemma” se la strage di Bologna sia una strage ‘comune’ o ‘politica’ “non esiste”, “perché si è trattato di una strage politica, o, più esattamente di una strage di Stato”.

Secondo la Corte di assise, che a 37 anni di distanza l’imputazione (nel 2017 Cavallini fu rinviato a giudizio, ndr) “sia di nuovo ‘implosa’ in un’ottica minimalista e ‘spontaneista’ che riconduce tutto alla dimensione autarchica di 4 amici al bar che volevano cambiare il mondo (con le bombe, ma anche con il solito corteo di coperture e depistaggi) lascia perplessi, anche perché non si sa attraverso quale percorso istruttorio e/o processuale si sia approdati a ciò”. L’inserzione del termine ‘spontaneista’ nel capo d’imputazione ha “funzionato come clausola di sbarramento per una pronuncia di colpevolezza di Cavallini per strage politica o di Stato”, è la dura critica all’impostazione data dalla Procura di Bologna.

Con quella parola, “la pubblica accusa – prosegue il giudice Michele Leoni – ha circoscritto lo spazio dell’incriminazione all’operatività di una cellula terroristica autonoma, estranea da concreti programmi di sovversione istituzionale”.

Dunque una condanna a Cavallini per strage politica “non è possibile in questa sede, perché, inopinatamente e in modo contraddittorio, nello stesso capo di imputazione, nella parte descrittiva del reato, è stata inserita la parola ‘spontaneista’, che costituisce una negazione della strage politica, alias di Stato”.

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