Coronavirus, Maurizio Scandurra: “In chiesa a turno come alla posta”

La proposta del giornalista cattolico per garantire il ritorno alle funzioni religiose, seguendo Alessandro Meluzzi e Vittorio Sgarbi


Agenpress. “In chiesa o in moschea come in posta: a turno, in ordine alfabetico”. Lo propone il giornalista Maurizio Scandurra. “Questo vale per tutti: cristiani, buddisti, ebrei, musulmani e altri credo. Si va a scaglioni a ritirare le pensioni, facciamolo pure per i luoghi di culto” – dichiara -.

“Dato l’isolamento totale, per noi cattolici la Santa Messa rinfranca animi e cuori, coadiuvando la tenuta sociale del Paese, specie per chi vive in sovrannumero in spazi angusti e ristretti”.

Anche se le chiese restano aperte, “come autorevolmente afferma il Professor Alessandro Meluzzi, resta un fatto gravissimo proibire al popolo “innamorato di Cristo” l’accesso alla vita sacramentale”.

Ma c’è di più. “Ha ragione Vittorio Sgarbi nel definire ciò “una bestemmia di Stato”. Colpa anche dei vescovi della CEI, zitti e asserviti come zerbini alle norme vigenti. Vi sono anche teologi come padre Alberto Maggi, per cui la preghiera personale al momento pare contare più delle funzioni collettive”, ha dichiarato il giornalista e saggista cattolico sulle colonne del quotidiano L’indro.it.

“Siamo passati dal diniego al culto di Dio all’idolatria mediatica dei vari Burioni, Pregliasco, Capua e altri. Tutta gente sconosciuta ai più prima della pandemia, ritenuti loro malgrado tuttologi oltre che virologi, con il rischio di orientare ogni scelta attuale, religione inclusa”,  – conclude Scandurra -.

 

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