Giornata mondiale dell’elefante. A forte rischio estinzione soprattutto per mano dei bracconieri

AgenPress – Oggi è il World Elephant Day, ma secondo il Wwf c’è poco da festeggiare: «Oggi sono meno di 450mila gli elefanti che sopravvivono in Africa. Sia l’elefante di foresta Loxodonta africana che quello di savana, Loxodonta cyclotis (recenti, approfondite ricerche sul genoma della famiglia Elephantidae, hanno infatti rivelato l’esistenza di due specie distinte), sono stati nel 2021 per la prima volta inclusi nelle categorie di rischio più elevato nella lista rossa della IUCN. Mentre l’elefante di savana è ritenuto “in pericolo”, quello di foresta è addirittura “in pericolo critico” di estinzione, il più alto livello di allarme».

Le minaccia maggiori per questi pachidermi sono la crisi climatica con le ondate di caldo e siccità, il bracconaggio, dovuto in larga parte alla domanda di avorio, la perdita di habitat e i conflitti con la popolazione locale.

Il Wwf sottolinea che «Il bracconaggio, in particolare, è aggravato anche dalla sempre più diffusa presenza di gruppi terroristici, che spesso gestiscono il commercio illegale di parti di animali selvatici, importante fonte di guadagno per queste organizzazioni criminali».

Ulteriori informazioni arrivano da un recente studio pubblicato su Current Biology, che dimostra che  «Una delle principali minacce per gli elefanti africani non è la carenza di spazio vitale, ma il fatto che a causa dell’uomo queste specie occupino meno di un quinto dello spazio idoneo disponibile. In tutto il continente africano ci sono ancora 18 milioni di km2 di terra idonei ad ospitare popolazioni vitali di elefanti, dei quali però appena il 17% è effettivamente abitato dai pachidermi. I risultati mostrano che circa il 60% del continente è potenzialmente abitabile dagli elefanti, ai quali però non è data la possibilità di espandersi, a causa principalmente di bracconaggio e distruzione dell’habitat».

Si stima che il bracconaggio uccida ogni anno circa 20.000 elefanti africani 000 (il 4% della popolazione mondiale) per rifornire il commercio illegale di avorio, alimentato dalla criminalità organizzata globale e incrementato dalla grande domanda proveniente dai paesi asiatici.

Il Wwf ricorda che «Solo negli ultimi dieci anni, gli elefanti africani sono diminuiti di oltre il 20%. La situazione appare ancora più drammatica se si guarda alle foreste africane: in quattro paesi dell’Africa centrale, le popolazioni di elefante di foresta sono diminuite di circa il 66% negli ultimi anni. Triste primato alla Selous Game Reserve (inserita dall’Unesco tra le aree World Heritage a rischio) con oltre il 90% degli elefanti sterminati negli ultimi 40 anni a causa dell’aumento del bracconaggio. Qui, la popolazione è passata dai 110.000 agli attuali 15.200 individui».

Purtroppo nell’ultimo anno un triste episodio ha evidenziato come anche i cambiamenti climatici provocati dalle attività umane, e le conseguenti ripercussioni sugli equilibri degli ecosistemi, possano costituire una seria minaccia per la sopravvivenza di queste specie. Il Wwf si riferisce a quanto accaduto nell’Okavango, uno dei più grandi delta interni del mondo che si estende tra Namibia e Botswana. «Quest’area, ricchissima di biodiversità – spia eganoi gli ambientalisti del Panda – ospita anche circa 130.000 elefanti di savana, che costituiscono la più grande popolazione di elefanti di savana africani.

Nel maggio 2020 sono stati rinvenuti 169 elefanti morti intorno ad alcune aree umide del delta. A metà giugno, il numero era più che raddoppiato, con il 70% delle morti proprio intorno ai laghi e alle pozze d’acqua. Dopo numerosi rilevamenti, gli scienziati credono che le morti possano essere legate ad una quantità crescente di alghe tossiche, i cianobatteri, comparse nelle pozze d’acqua che gli animali frequentano quotidianamente per abbeverarsi. Secondo gli esperti, la loro comparsa sarebbe una diretta e drammatica conseguenza del riscaldamento globale in atto. I cianobatteri infatti, in quantità elevate, possono uccidere i mammiferi interferendo con la capacità del sistema nervoso di inviare input elettrici ai muscoli di differenti parti del corpo, portando spesso a paralisi e ad insufficienza cardiaca o respiratoria».

Come se non bastasse, la popolazione di elefanti dell’ Okavango è ora minacciata anche dalle introspezioni petrolifere relative al giacimento scoperto recentemente tra Namibia e Botswana. Il Wwf avverte che «I lavori di costruzione delle strade per le prossime estrazioni nonchè il traffico di mezzi e persone non solo allontanerebbe gli animali da alcune aree prioritarie per il loro ciclo biologico, ma faciliterebbe anche l’attività di caccia illegale dei bracconieri, che troverebbero vie di accesso facilitato nelle aree di presenza degli elefanti».

Il Wwf conclude: «La lotta al bracconaggio, l’adozione di leggi più severe ed efficaci (anche in merito al commercio di avorio) e una migliore gestione e protezione dei territori in cui vivono ancora gli elefanti, con l’obiettivo prioritario di promuovere una pacifica convivenza tra uomini e pachidermi, sono state azioni cruciali per la conservazione degli elefanti in diverse aree strategiche in Africa. In alcune riserve, grazie a un’accurata gestione, la popolazione dei pachidermi è addirittura cresciuta negli ultimi anni. È il caso degli elefanti delle foreste che vivono nelle aree protette del Gabon e della Repubblica del Congo o degli elefanti della savana che abitano nell’area di conservazione transfrontaliera del Kavango-Zambezi, estesa sul territorio di cinque diversi Paesi. Il declino degli elefanti è evidente, ma è possibile invertire il trend, come dimostrato da alcuni esempi virtuosi».

tratto da https://greenreport.it/

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