Persone detenute. Garante. Si riduce il numero delle persone in carcere. Allarme Covid

AgenPress – Si riducono, seppur lentamente, i numeri delle persone detenute in carcere: 54.767 quelle registrate ma   53.992 quelle fisicamente presenti. L’accentuata differenza tra registrati e presenti è dovuta in larga parte al numero di licenze e permessi che il decreto-legge 137/2020 ha prorogato fino alla fine dell’anno.

Molto allarme circola in rete ed è ripreso anche dai media rispetto ai numeri del contagio in carcere. La preoccupazione non è senza motivo; tuttavia, il Garante nazionale tiene a puntualizzare alcuni aspetti del problema. Il primo riguarda il dover tenere sotto controllo i numeri che evidenziano sempre più la indifferibile necessità di prevedere una riduzione di presenze ben più consistente di quella stentata sopra riportata. Ciò al fine di disporre di spazi adeguati per tutti gli isolamenti necessari e per fare fronte a malaugurati scenari futuri. Il secondo riguarda però l’altrettanto rilevante necessità di non aggiungere ansia a situazioni di per sé ansiogene, proprio a causa del loro configurarsi come luoghi che ovviamente non consentono la libera determinazione dell’individuo. Per questo i numeri vanno riportati senza enfasi allarmistica e devono essere analizzati considerando la loro distribuzione, individuando possibili focolai su cui intervenire e valutando l’incidenza di situazioni sintomatiche all’interno del loro complessivo valore, considerando che l’accertamento in entrata del possibile contagio di persone appena detenute e provenienti dal contesto esterno incide sui numeri complessivi delle persone contagiate, ma, dato il loro isolamento, non incide sulla diffusione del contagio nell’Istituto. Ciò a patto – e qui va posto un rigoroso controllo – che l’isolamento e le misure preventive inziali siano effettive rispetto al contatto con altre persone detenute e con il personale.

In pochi giorni dei 190 Istituti il contagio ne ha toccati 75. Quelli con un numero di casi a due cifre sono undici, a cui si aggiungono i due hub milanesi, che costituiscono luogo di accoglienza e presa in carico anche di persone che provengono da Istituti limitrofi. Sono 32 le persone detenute ospedalizzate e più di 600 quelle risultate positive a seguito di screening diffusi. Rispetto al numero di tamponi effettuati in questa nuova tornata di epidemia, il tasso di positività in carcere è alto (più del 15 percento), ma comunque in linea con quello del territorio nazionale. Accanto a questi numeri, quello di più di 800 persone dell’Amministrazione penitenziaria che operano con diverse funzioni nel mondo della detenzione penale.

Proprio per questo il Dipartimento ha emanato una circolare, che ha trovato il parere favorevole e il supporto del Comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione civile, per definire «luoghi adeguati all’assegnazione delle tre tipologie di soggetti che devono necessariamente essere separate tra loro e dalla rimanente comunità penitenziaria». Essi sono: coloro che sono in isolamento precauzionale perché provenienti dall’esterno, coloro che sono in isolamento perché venuti a contatto con persone positive al virus, coloro che sono risultati positivi al virus, diversificando «ove possibile» gli asintomatici dai sintomatici. La necessità di spazi e, quindi, della riduzione dei numeri complessivi emerge chiaramente anche da queste indicazioni. La circolare individua, inoltre, due soglie di possibile estensione del contagio (al 2 percento delle persone complessivamente presenti in Istituto – perché vi operano o perché vi sono detenute – e al 5 percento) per ciascuna delle quali sono previste misure di specifica cautela rispetto all’igiene dei luoghi e alle attività che possono richiedere maggiore contatto tra le persone. Deve restare fermo il principio che quella capacità, da più parti affermata, di convivere in modo consapevole con il rischio di contagio senza determinare automaticamente l’impossibilità di condurre una vita il possibile simile all’ordinarietà, deve riguardare tutte le realtà in cui la complessità sociale si esplicita, incluse quelle dove maggiore deve essere lo sforzo perché tale diversa normalità sia in grado di conciliare tutela della salute individuale, garanzia di non diffusione del contagio e tutela dei diritti fondamentali della persona.

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