AgenPress – Secondo i dati forniti dalla BDN (*Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica, istituita dal Ministero della Salute presso il Centro Servizi Nazionale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise), le macellazioni di cavalli, asini, muli e bardotti nel 2019 sarebbero state complessivamente 37.313, di cui 13.877 importati vivi dall’estero per finire nei mattatoi italiani.
Come nel passato, è la Puglia la regione con il più alto numero sia di macellazioni (11.098, quasi il 30% del totale nazionale) che di importazioni (5.220 e cioè quasi il 40% del totale).
Rispetto ai dati del 2018 (41.126) si registra un calo. Ma non dimentichiamo che lo scorso anno, nel commentare quei dati, rilevavamo una discordanza tra il numero totale e la somma dei singoli dati forniti dalle Regioni, che si attestava a 36.814 capi.
Non fa testo il dato dell’Istat (che a volte viene preso erroneamente come riferimento dagli organi di informazione), in quanto viene elaborato secondo una ricerca a campione: infatti, per l’Istat, i cavalli macellati in Italia nel 2019 sarebbero 22.575.
Guardando meglio i dati della BDN spiccano alcuni numeri che fanno riflettere. Sono migliaia i cavalli che ogni anno sono costretti ad affrontare lunghi ed estenuanti viaggi della morte: 5.455 dalla Polonia per raggiungere Puglia (2.662), Veneto ed Emilia Romagna. Più di 3.600 importati dalla Francia, quasi 2.000 dalla Spagna, circa 1.000 dalla Slovenia.
“Quando si parla di carne di cavallo si invoca una tradizione presente in alcune Regioni e il falso mito dell’alto valore nutrizionale – dichiara Sonny Richichi, presidente IHP – La realtà invece evidenzia l’assenza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle carni e l’alto rischio di contaminazioni da farmaci usati nell’ippica e negli sport equestri. Sempre più spesso, inoltre, l’opinione pubblica vede con disgusto l’idea che animali considerati d’affezione possano finire sui banconi delle macellerie e nel menu dei ristoranti”