AgenPress – Da più parti è stata ribadita la necessità di interventi sul sistema penitenziario per diminuire la densità di presenze ed essere pronti a ogni evenienza di maggiore diffusione del contagio, anche in termini di spazio. Attorno ai provvedimenti emanati dal Governo si è sviluppato un ampio dibattito centrato sulla loro sostanziale limitatezza. Non sono mancati i toni di inutile allarmismo, che certamente non giovano alla razionalità nell’affrontare l’attuale situazione.
A sottolinearlo il Garante delle persone private della libertà. Il Garante nazionale, che segue con continuità l’evolversi della situazione, ha avanzato delle proprie proposte di intervento legislativo, in parte ampliando in maniera ragionevole quanto già previsto dal decreto governativo, in parte proponendo nuovi strumenti normativi in grado di tenere insieme le necessità del contenimento dei numeri, della tutela della salute di tutte le persone che gravitano all’interno del mondo recluso, della comprensione dei provvedimenti da parte della comunità esterna. Le proposte – consultabili sul sito del Garante – lungi dal percorrere la via di ipotesi velleitarie nell’attuale contesto politico, indicano strade praticabili e sono state fatte proprie da taluni parlamentari. L’obiettivo è determinare un ritmo di riduzione della consistenza numerica delle presenze non distante, come è ora, da quello dell’aumento della diffusione del contagio.
Da un lato, infatti, negli ultimi otto giorni il numero totale delle persone effettivamente presenti in carcere è diminuito di quasi 400 unità (oggi sono 53.758), una riduzione di meno del 1% del numero complessivo. Dall’altro, parallelamente, il numero dei casi di positività tra le persone detenute è aumentato di 172 e quello tra il personale di 156 (rispettivamente, quindi, del 28% e del 19%). Il dato, comunque, delle odierne 732 positività tra le persone detenute in carcere va letto con attenzione: esso riguarda 77 Istituti (su un totale di 192), in 16 dei quali il numero complessivo è a due cifre. Tuttavia, va osservato che, secondo quanto riportato dai singoli Istituti, soltanto 46 sono sintomatiche (di cui 22 ospedalizzate).
Quello che tutti gli Istituti lamentano è la mancanza di spazi per isolare le persone che entrano in carcere dalla libertà e presentano positività al virus: isolamento essenziale perché la loro situazione di contagio va considerata ben distinta da quella che può svilupparsi tra persone all’interno della sezione, perché è quest’ultima a rappresentare un vero e proprio focolaio. Vale la pena qui sottolineare quanto ha ricordato il Procuratore generale della Cassazione circa la previsione della custodia cautelare in carcere come possibilità estrema del nostro sistema ordinamentale: una affermazione del nostro codice non sempre effettiva nell’esperienza della penalità praticata e che, in particolare nella situazione attuale, deve essere fatta pienamente vivere. Un minore ricorso alla custodia cautelare in carcere è strumento particolarmente significativo per la riduzione dei numeri complessivi.
Quello che tutte le famiglie lamentano è la possibilità di avere informazioni circa le condizioni dei propri congiunti quando questi siano stati trovati positivi e soprattutto quando si siano sviluppati sintomi. La difficoltà della gestione del momento induce a comprendere quanto possa non essere semplice rispondere a questa esigenza; tuttavia, vanno trovate soluzioni praticabili, fermo restando il dovere di informare la famiglia nel caso la persona sia trasferita in una struttura ospedaliera.
La Direzione generale per la giustizia minorile e di comunità prosegue con continuità a informare il Garante nazionale sulla situazione dei propri Istituti che vedono un totale di 303 presenti (di cui 10 ragazze), rispetto a una capienza di 536 posti. L’occupazione dei posti è inferiore al 61% per i maschi e di poco superiore al 18% per le femmine. Ciò non toglie che ci siano due situazioni di sovraffollamento, seppure lieve, a Bologna e a Milano. I minorenni e i giovani adulti attualmente messi alla prova sono 2067 (di cui 1552 in casa), mentre complessivamente coloro che sono in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni (inclusi anche coloro che sono messi alla prova) sono 8561. Le misure alternative (più propriamente dette di comunità) per gli adulti riguardano 28.407 persone (di cui 2551 sono donne), divisi tra affidamento in prova al servizio sociale (16.390), detenzione domiciliare (11.251) e semilibertà (766). La messa alla prova tra gli adulti riguarda attualmente 16.390 persone.