AgenPress. La conversione comporta il dolore per i peccati commessi, il desiderio di liberarsene, il proposito di escluderli per sempre dalla propria vita. Per escludere il peccato, bisogna rifiutare anche tutto ciò che è legato ad esso, le cose che sono legate al peccato e cioè bisogna rifiutare: la mentalità mondana, la stima eccessiva delle comodità, la stima eccessiva del piacere, del benessere, delle ricchezze.
A volte è troppo debole la spinta che sentiamo verso il Signore e sembra quasi che Dio taccia; ci sembrano lontane e irreali le sue promesse di consolazione, come l’immagine del pastore premuroso e sollecito, che risuona oggi nella lettura di Isaia. E allora si è tentati di dire che è impossibile convertirsi veramente. Quante volte abbiamo sentito questo scoraggiamento? “No, non ce la faccio! Io incomincio un po’ e poi, torno indietro”, e questo è brutto. E’ possibile, è possibile. Ma quando ti viene questo pensiero di scoraggiarti, non rimanere lì, perché questo è sabbia mobile: è sabbia mobile; la sabbia mobile proprio di un’esistenza mediocre. La mediocrità è questo.
Prima di tutto ricordarci che la conversione è una grazia: nessuno può convertirsi con le proprie forze. È una grazia che ti dà il Signore, e pertanto da chiedere a Dio con forza, chiedere a Dio che Lui ci converta, che davvero noi possiamo convertirci, nella misura in cui ci apriamo alla bellezza, alla bontà, alla tenerezza di Dio. Pensate alla tenerezza di Dio. Dio non è un padre brutto, un padre cattivo, no. È tenero, ci ama tanto, come il buon Pastore, che cerca l’ultima del suo gregge. È amore, e la conversione è questo: una grazia di Dio. Tu incomincia a camminare, perché è Lui che ti muove a camminare, e tu vedrai come Lui arriverà. Prega, cammina e sempre si farà un passo in avanti.