Disturbi cognitivi. Crescono migranti in cura, 4.500 nel 2019. Servizi poco preparati alle diversità linguistiche e culturali

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AgenPress – Sono circa 4.500 i migranti con disturbi cognitivi che, nel corso del 2019, si sono rivolti a 343 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) sparsi sul territorio nazionale e circa 2.000 di loro sono stati sottoposti a valutazione neuropsicologica. Inoltre, più di un terzo dei Centri aveva registrato un aumento del numero di migranti nel corso degli ultimi cinque anni. E’ quanto emerge da un’indagine realizzata nell’ambito del progetto ImmiDem, finanziato dal Ministero della Salute, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, e cui hanno partecipato ricercatori dell’Ospedale Sacco di Milano e del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, in collaborazione con i giornalisti scientifici del Pensiero Scientifico Editore (che hanno contribuito alla messa a punto della pagina web sulla demenza nei migranti allo scopo proprio di disseminare i risultati del progetto e sensibilizzare su questa tematica emergente). I risultati del progetto vengono presentati in un meeting virtuale che si tiene oggi, 24 febbraio 2022, dalle 10.00 alle 13.00, alla presenza di esperti internazionali, delegati di istituzioni di sanità pubblica e associazioni di familiari.

“Le attività di ricerca condotte nell’ambito di ImmiDem – dichiara Marco Canevelli del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute dell’ISS e responsabile del progetto – hanno consentito di documentare come un numero rilevante di migranti con disturbi cognitivi si stia già rivolgendo ai CDCD presenti nel nostro Paese”. Tuttavia, i servizi per le demenze sembrano ancora scarsamente preparati ad attuare modelli di cura e assistenza sensibili alle diversità. Solo una minoranza di CDCD ha a disposizione materiale informativo sulle demenze tradotto in altre lingue, test cognitivi cross-culturali, o la possibilità di attivare servizi di interpreti e mediatori culturali. “Il progetto ImmiDem – continua il ricercatore – ha identificato delle barriere e delle carenze che dovranno essere oggetto di politiche sanitarie mirate al fine di eliminare le disuguaglianze nell’accesso alle cure, garantire i più elevati standard di assistenza e promuovere il benessere di tutte le persone affette da demenza che vivono in Italia, indipendentemente dal loro Paese di nascita”.

Il progetto ImmiDem

ImmiDem è stato disegnato al fine di esplorare, per la prima volta, le dimensioni del fenomeno della demenza nei migranti in Italia, di valutare la preparazione dei servizi sociosanitari a prendersi cura di persone con disturbi cognitivi con una storia di migrazione, nonché di identificare e disseminare buone pratiche.

Negli ultimi anni si è assistito ad un graduale cambiamento nella composizione e fisionomia delle popolazioni di migranti internazionali. A causa del progressivo invecchiamento della popolazione globale, la percentuale di migranti anziani è in rapido aumento. Questa transizione demografica si accompagna inevitabilmente ad una transizione epidemiologica in quanto è prevedibile che i migranti saranno sempre più esposti al rischio di sviluppare malattie croniche legate all’età, con importanti ripercussioni cliniche e sociali. Politiche e modelli di cura che siano sensibili alla diversità culturale delle nostre società, al fine di ottimizzare le capacità funzionali e garantire il benessere di tutte le persone anziane, non sono solo necessarie ma oltretutto in linea con i principi del “Decennio dell’Invecchiamento in Buona Salute” delle Nazioni Unite (2021-2030).

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