La stretta collaborazione tra contingenti di diversa nazionalità che operano in Libano sono la chiave di successo della missione UNIFIL
AgenPress. La risoluzione n. 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dà mandato ad una forza costituita da circa 10.300 militari e 800 civili, provenienti da 48 Paesi, di assicurare il rispetto della fine delle ostilità tra Israele e il Libano, di garantire a quest’ultimo il pieno ripristino della propria integrità territoriale anche con l’assistenza alle Forze Armate, nonché di supportare la popolazione locale con progetti di sviluppo sociale, culturale e territoriale.
In Libano convivono pacificamente identità religiose, culturali ed etniche di diversa provenienza e per questo motivo, considerata la multiculturalità della missione UNIFIL (United Nation Interim Force in Lebanon), il valore aggiunto che i Caschi Blu riescono a garantire è facilitato dalla capacità di interagire con le “diversità”, capendone a priori esigenze ed aspettative.
La missione italiana in Libano a guida Brigata “Aosta” al comando del Generale di Divisione Giuseppe Bertoncello, al suo terzo mandato nella Terra dei Cedri con i colori delle Nazioni Unite, ha la responsabilità del Settore Ovest di UNIFIL in cui operano 3.800 Caschi Blu di 16 dei 48 paesi contributori alla missione ONU e di cui fanno parte oltre 1.000 Caschi Blu italiani.
Questo impegno nel multiculturalismo, nell’accettare e comprendere culture differenti l’una dall’altra, pur mantenendo ciascuna la propria peculiarità, serve a far crescere e consolidare la ricerca di pace e stabilità nel Paese.
Le Market Walk, cioè i pattugliamenti a piedi nei luoghi di mercato, all’interno dei villaggi situati nell’area di operazioni; le Community Engagement Walk, cioè le attività svolte da personale militare specializzato nell’ingaggio della popolazione civile, con lo scopo di far comprendere alla comunità in cui essi operano quali siano gli scopi e i pilastri della missione che conducono per conto della Nazioni Unite, nonché quello di comprendere e analizzare a loro volta come la popolazione percepisca la presenza degli operatori di pace sul territorio; ed infine gli incontri che i comandanti ai vari livelli svolgono con i rappresentanti delle autorità civili e religiose del Libano del Sud (Key Leader Engagement), non sortirebbero alcun effetto se non fosse tenuto in debita considerazione il fattore multiculturale del substrato sociale in cui i peacekeeper di UNIFIL operano.
Comprendere appieno le diverse identità sociali e religiose della società – in Libano sono riconosciute dallo Stato 18 confessioni religiose – sono la chiave di successo della missione che l’Italia conduce con il proprio Contingente nazionale, in stretta collaborazione con i contingenti delle altre nazioni, grazie all’aggiornamento costante dei propri operatori nei confronti della conoscenza dei domini culturali, perseguita anche con attività di team building e valorizzando le diverse prospettiva di genere.
Le attività svolte in Teatro Operativo sono condotte sotto il coordinamento e secondo le direttive impartite dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), guidato dal Generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo.
Il COVI è l’organo di staff del Capo di Stato Maggiore della Difesa, deputato alla pianificazione, coordinazione e direzione delle operazioni militari, delle esercitazioni interforze nazionali e multinazionali e delle attività a loro connesse.