AgenPress. Oltre duemila morti, migliaia i feriti. Nella notte tra domenica e lunedì c’è stato un forte terremoto, di magnitudo 7.8, tra il sud della Turchia e il nord della Siria. Moltissimi edifici in decine di città di entrambi i Paesi sono crollati e la stima delle vittime è ancora provvisoria visto che numerosissime persone si trovano sotto le macerie. Tutto questo in un contesto difficile, sia per la presenza di molti rifugiati, ma anche per le temperature rigide invernali. I collegamenti sono interrotti, sia aerei che su rotarie. Gli aiuti dunque arrivano a rilento, nonostante il massimo sforzo delle autorità locali e della comunità internazionale.
La Caritas Europea si mobilita in soccorso della popolazione e la Conferenza Episcopale Italiana ha già stanziato 500mila euro come primo aiuto. 20 mila euro stanziati anche dalla Caritas ambrosiana.
“Eravamo al terzo piano, la paura è stata enorme e ora tutta la gente è in strada, al freddo e sotto la pioggia”, ci spiega monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei. La telefonata è disturbata, le comunicazioni sono tutt’altro che semplici. “Non siamo abituati a questo genere di eventi, è la prima volta che vedo una cosa simile ad Aleppo”, dice mentre suonano le sirene delle auto di soccorso.
“Stanotte dormiremo all’entrata del vescovado o altrove, vedremo cosa fare. C’è – ripete – una grande paura, ci sono danni ovunque, anche in cattedrale. Le biblioteche sono distrutte, le case crollate: è una situazione apocalittica”. Il vescovo racconta di altre persone che sono riuscite a salvarsi, nonostante “metà dei loro palazzi siano crollati”. Mentre è al telefono, sta andando a vedere la situazione. “Tante persone sono in macchina, tutti hanno i cellulari in mano e cercano di comunicare. La situazione è molto triste e ora servono mezzi di soccorso, elettricità. Questo è il problema”, conclude.