AgenPress – Il 2022 ha sancito il minimo storico delle nascite in Italia, -1,9% per 392.598 registrazioni all’anagrafe. Le donne, dunque, hanno meno figli o non ne hanno affatto, e se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, c’è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità.
Lo rivela l’ottava edizione del rapporto ‘Le Equilibriste’ di Save the Children.
La bassa fecondità nel nostro Paese è frutto di molte dinamiche, strettamente connesse al mercato del lavoro, la carenza dei servizi e la distribuzione dei carichi di cura familiare.
Per sostenere la genitorialità occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Occorre potenziare il sostegno economico alle famiglie con minori, a partire da tutte quelle che vivono in condizioni di difficoltà. Allo stesso tempo, in un Paese dove il numero dei giovani fuori dai percorsi di formazione, studio e lavoro raggiunge una delle percentuali più alte in Europa, è indispensabile garantire ai più giovani l’autonomia abitativa e condizioni lavorative dignitose. I pochi bambini che nascono oggi dovrebbero poi vedere assicurato l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Eppure sappiamo che questi diritti fondamentali non sono assicurati in tutto il Paese dove permangono, come dimostra l’Indice regionale, gravissime disuguaglianze territoriali.
Tra le regioni più amiche per le mamme svetta la Provincia autonoma di Bolzano, seguita da Emilia Romagna e Valle D’Aosta, mentre le condizioni più sfavorevoli si registrano in Basilicata, preceduta appena in fondo alla classifica da Sicilia e Campania.
L’indice delle madri per regione è il risultato di una analisi basata su sette dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.
A seguire, Toscana (108,7), Provincia autonoma di Trento (105,9), Umbria (104,4) e Friuli-Venezia Giulia (104,2). Fanalino di coda dell’index generale le regioni Basilicata (84,3), Campania (87,7), Sicilia (88,7), Calabria (90) e Puglia (90,6), che occupano rispettivamente dalla 21ma posizione alla 17ma.
Per quanto riguarda l’area della Demografia, l’indice vede tra le regioni più virtuose la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), nettamente sopra valore di riferimento fissato a 100 e quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8). Al contrario, Sardegna (78,5), Basilicata, Molise (entrambe 90,5) e Umbria (94), registrano tassi molto al di sotto del valore nazionale, occupando gli ultimi posti dell’Indice. Nella dimensione del Lavoro primeggia l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Lombardia. Regioni dove, per le madri è più facile trovare un impiego, non subire riduzioni di orario non volontarie o tenere un lavoro dopo la nascita di un figlio. Di contro, Sicilia, Basilicata, Calabria e Campania non forniscono dati incoraggianti sull’occupazione delle mamme.