Renzi: “Hamas è il male. Ma per fermarlo serve anche la politica, non solo le armi”

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AgenPress. A Gaza si giocano i momenti decisivi della partita politica e diplomatica. L’escalation va bloccata adesso. Perché se non si ferma adesso, il rischio è che non si recuperi più. Hamas vuole dividere la Terra Santa tra ebrei e musulmani. Tra infedeli e fedeli. Non possiamo permetterci una divisione basata sul sentimento religioso. Il mondo va diviso tra chi ama la vita e chi ama la morte. Tra le persone normali e i fanatici. Tra le donne e gli uomini e le bestie assatanate. Che poi in realtà le bestie sono molto più civili di certi terroristi. Dopo l’aggressione e la reazione, arriva il tempo della politica.
Israele ha diritto alla sicurezza e nessuno può mettere in discussione la sua esistenza. Ma Israele deve capire – adesso, non tra un anno – che la voglia di punire i terroristi non può comportare il dramma delle perdite civili di queste ore. Hamas usa i peggiori strumenti di propaganda, uccide chi vuole lasciare Gaza, tiene in ostaggio bambini, spara missili che colpiscono il territorio israeliano ma anche quello palestinese. Nessuno ha ucciso tanti palestinesi quanti ne ha uccisi Hamas. Hamas è il male. Ma Israele non può sottovalutare che per raggiungere l’obiettivo di una pace duratura non deve perdere il sostegno del mondo arabo moderato.
E per farlo la comunicazione gioca un ruolo decisivo. La martellante propaganda di alcuni media sta veicolando con facilità un messaggio anti Israele, se non antisemita, soprattutto nelle giovani generazioni dal Marocco al Pakistan, dal Libano all’Africa subsahariana. Non possiamo, non dobbiamo permetterlo. Il Medio Oriente vuole la pace, i giovani ebrei e musulmani si meritano la pace. Dall’altro lato chi vuole una Palestina libera dall’oppressione, dal fanatismo, dalla povertà (perché i capi di Hamas vivono negli hotel cinque stelle all’estero e gestiscono centinaia di milioni di dollari ma i bambini di Gaza non hanno niente e sono anche loro ostaggi dei terroristi) deve coinvolgere i riformisti arabi imponendo chiarezza sulle responsabilità di Hamas, che è la cosa più vicina all’ISIS che abbiamo visto in questi anni.
Se nel mondo arabo continueranno le incertezze e i balbettii sulla natura terrorista dell’aggressione del 7 ottobre – e in questo senso è triste registrare la posizione di ieri di Erdogan – non ci sarà mai la possibilità di avere la pace.
La strada è stretta: garantire sicurezza a Israele, garantire qualità della vita ed educazione a Gaza. Per farlo bisogna uscire dal derby e prendere una grande iniziativa internazionale. Ma il dramma è che nessuno sembra più in grado di farlo. L’America ci ha provato ma non ha più il peso di una volta. La Russia ospita Hamas a Mosca. La Cina fa la sua partita, con la testa più a Taiwan che a Gaza. L’ONU fa l’ONU: cioè niente, da anni. L’Europa dorme e si copre di ridicolo tra chi vuole cancellare il Natale come l’istituto universitario di Fiesole e chi vuole distruggere la propria manifattura come i commissari ideologici: ma nel frattempo l’Europa diplomatica semplicemente non esiste.
Ciascuno di noi ha il compito di iniziare a costruire una nuova pace per i figli di Abramo. È un lavoro che deve essere fatto oggi. Domani potrebbe essere già tardi.
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