Umbria. Meloni firma con Tesei un accordo di coesione tra Governo e Regione. 238 milioni per 36 progetti

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AgenPress –  La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e quella dell’Umbria Donatella Tesei hanno firmato l’accordo per la coesione tra il Governo e la Regione. Lo hanno fatto al termine della cerimonia che si è svolta a Bastia Umbra.

“Mettiamo a disposizione di questo territorio quasi 240 milioni di euro, risorse che serviranno a finanziare 36 progetti strategici”, permettendo di “attivare investimenti per 280 e oltre milioni di euro”.

I “fondi di coesione e sviluppo” sono “straordinariamente importanti e abbiamo scoperto che nella vecchia programmazione 2014-2020” di “126 miliardi ne erano stati spesi 46. Una nazione come l’Italia, che di problemi di divari ne ha diversi, lo Stato non si può permettere di non far arrivare a terra 70 miliardi”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni durante la firma dell’accordo con l’Umbria. Di qui, Meloni ha spiegato che sono state introdotte “alcune differenze” di gestione “rispetto al passato: noi finanziamo progetti proposti dalle Regioni e condivisi dal governo. Questo ha fatto arrabbiare”.

“Consentitemi di fare mezzo passo indietro per raccontare quello che il Governo ha fatto dal suo insediamento sul tema dei fondi di coesione, e più in generale sul tema dei Fondi che troppo spesso noi abbiamo a disposizione e non riusciamo a spendere adeguatamente, che è stato molto faticoso e per il quale devo particolarmente ringraziare il Ministro Raffaele Fitto.

Quando noi siamo arrivati al Governo di questa Nazione, ad esempio, per quello che riguarda il Fondo di coesione e sviluppo, che come voi sapete sono le risorse che per antonomasia servono a combattere la disparità tra i territori – significa chiaramente combattere il divario tra Nord e Sud, significa combattere l’altro divario molto forte in Italia che è quello tra la costa adriatica e la costa tirrenica, significa combattere il problema dell’infrastrutturazione di Regioni centrali, piazzate nel bel mezzo dell’Italia,  che incredibilmente sono state isolate nelle loro infrastrutture e hanno perso così una infinità di occasioni, significa combattere i divari all’interno degli stessi territori, per esempio tra le città e le aree interne – sono fondi straordinariamente importanti per una Nazione come la nostra, abbiamo aperto una interlocuzione che, devo dire, ha coinvolto quasi tutti i Presidenti delle Regioni italiane – diciamo quelli che erano disponibili a entrare nel merito dei problemi, ma trasversalmente alle forze politiche, lo voglio dire perché è stato un lavoro faticoso, molto importante – per andare a capire la ragione per la quale – vi do questo dato – nella vecchia programmazione 2014-2020 –  cioè conclusa due anni fa, perché noi stiamo ragionando della nuova programmazione – dei 126 miliardi di Fondi di coesione a disposizione ne erano stati spesi 47. Ora io mi chiedo, e vi chiedo, se una Nazione come l’Italia, che obiettivamente non è che proprio navighi nell’oro e che di problemi di divari tra i territori ne ha diversi, si può permettere di non fare arrivare a terra 70-80 miliardi di euro. Io penso di no.

E allora abbiamo avviato con i Presidenti di Regione un confronto per capire come si potessero superare questi problemi perché, certo c’è chi è più efficiente e chi è meno efficiente, ma c’erano anche problemi oggettivi. Abbiamo aperto questa interlocuzione e siamo arrivati alla stesura di un decreto, che si chiama decreto Sud, che riorganizza i Fondi di coesione stabilendo alcune differenze rispetto al passato e istituisce questi Accordi di coesione.

Una di queste differenze fondamentali è che noi finanziamo con i Fondi di coesione nazionali progetti proposti dalle Regioni e condivisi dal Governo nazionale. Questo ha fatto arrabbiare qualcuno, ma la ragione per la quale noi chiediamo di condividere quella visione è che, anche se ogni Regione ha le sue specificità e ogni Regione ha le sue particolarità da dover valorizzare, i suoi problemi da dover affrontare, noi non viviamo in una Nazione fatta di venti monadi, dove ognuno va per conto suo e non fa parte di una strategia nazionale. E il ragionamento che, per esempio, la Presidente Tesei faceva sul rapporto con l’Abruzzo e con le Marche, così come, ad esempio, le Marche, la Puglia e l’Abruzzo cercano di lavorare insieme per valorizzare una costa che ha avuto obiettivamente dei problemi di infrastrutturazione nel passato, è perché noi siamo capaci di rafforzare le opportunità del singolo territorio se lo mettiamo in relazione con tutto il resto. Quindi serve una strategia nazionale. Questo è un grande problema dell’Italia, perché a noi obiettivamente una strategia è mancata: ci è mancata sul piano industriale, ci è mancata sul piano del posizionamento geostrategico. Guardate solo il fatto che noi siamo una piattaforma piazzata in mezzo al Mediterraneo, una piattaforma piazzata nel mezzo di quel mare che è il crocevia del commercio marittimo mondiale tra i due grandi ambiti che sono l’Atlantico e l’Indo-Pacifico, e ci siamo comportati quasi come se il mare non lo avessimo, come se il mare non fosse una delle nostre più grandi infrastrutture, come se non dovessimo in qualche maniera renderci conto che con un’adeguata infrastrutturazione interna noi diventavamo naturalmente il crocevia di tutto quello che arriva in Europa.

Servono delle strategie e quelle strategie le puoi costruire solamente se chiaramente metti a sistema tutto quello che hai. Quindi abbiamo istituito questa innovazione che, per carità lo voglio dire, in alcuni casi permetterà anche di spendere queste risorse per le cose che sono oggettivamente prioritarie, perché si sono anche trovate in quello che abbiamo visto nel passato delle cose un po’ bizzarre, che non avevano moltissimo a che fare col tema di combattere la disparità tra i territori e, ripeto, forse questo ha fatto arrabbiare qualcuno.

Dopodiché abbiamo previsto i poteri sostitutivi quando ci sono delle difficoltà di realizzazione delle opere e abbiamo previsto anche il definanziamento. Quando ci sono dei fondi che vengono piazzati che non vengono utilizzati, noi non possiamo permetterci e non vogliamo permetterci di mandare disperse quelle risorse e quindi prevediamo la possibilità di definanziare per investire quelle risorse su altro.

Abbiamo previsto anche di coprire con le risorse del nostro Fondo di coesione nazionale la quota di cofinanziamento delle Regioni dei Fondi europei. E questo obiettivamente è un enorme boccata di ossigeno per le Regioni, che possono così liberare parti significative del loro bilancio – la Presidente faceva ovviamente riferimento alle difficoltà che ci sono per i bilanci regionali – e destinarli ad altri provvedimenti.

Quindi abbiamo fatto un lavoro molto preciso, che oggi ci porta a stipulare questi Accordi di coesione. E lo abbiamo fatto mettendo in rete questo lavoro con gli altri Fondi che abbiamo a disposizione – voglio citare il PNRR -, perché l’altra cosa che abbiamo scoperto è che tutte queste fonti di finanziamento – Fondi di coesione nazionale, Fondi di coesione europeo, PNRR – viaggiavano spesso in sovrapposizione, senza che ci fosse un’interazione tra le varie forme di finanziamento, senza che ci fosse una strategia complessiva. Non è un caso che, quando io ho formato il Governo, ho voluto dare la competenza della coesione e del PNRR allo stesso Ministro, perché noi abbiamo bisogno di fare anche questo”.

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