AgenPress. “Le leggi comunitarie impediscono di imporre delle scelte legate all’utilizzo di giovani. Piuttosto siamo di fronte a un fatto culturale, che passa da alcuni numeri: il 67% dei nostri calciatori è straniero, abbiamo solo il 32-33% di calciatori selezionabili, e stiamo anche resistendo strenuamente alla possibilità di tesserare liberamente extracomunitari.
Una resistenza che implica attacchi politici. Non c’è l’atteggiamento culturale per capire come un asset fondamentale per risolvere siano i settori giovanili e i vivai. Lavorare con i giovani non è un costo, ma un investimento: possiamo imporre tutto quello che volete, ma dobbiamo essere tutti d’accordo.
Contrasti tra Federazione e politica? No, c’è semplicemente un confronto dialettico continuo all’interno di un equilibrio tra le norme e le leggi dello stato, e avviene anche in altre nazioni”.