Lectio Magistralis del Presidente Mattarella all’Università Beida di Pechino. Le domande degli studenti

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AgenPress. Cari Studenti, Su Shi, straordinario poeta, calligrafo e statista, ci ricorda in un suo poema che “non si può vedere la vera forma delle Montagne Lu quando ci si trova sopra le montagne stesse”. A distanza di mille anni, questo monito risuona con attualità nelle nostre coscienze.

Occorre recuperare una prospettiva autentica e corretta del mondo e del suo futuro.

In un’epoca di crescenti tensioni, e anche di innovazioni tumultuose, siamo chiamati, più che mai, a sviluppare un approccio riflessivo che ci aiuti ad apprezzare i limiti delle nostre prospettive, come persone e come società.

È la premessa di un atteggiamento verso gli altri improntato al dialogo.

È la premessa della fiducia che l’Italia nutre nel futuro di sue crescenti relazioni con la Cina.

I nostri Paesi hanno dimostrato di saper superare le sfide più grandi, di saper colmare distanze che ad altri apparivano infinite.

Dalla grandezza delle civiltà delle nostre origini e dalla loro capacità di interagire, di comprendersi dobbiamo trarre ispirazione per una leadership responsabile, all’altezza delle crisi di oggi.

In questo modo, insieme, contribuiremo alla realizzazione dei diritti e delle aspirazioni dei nostri popoli e alla costruzione di un futuro di pace.

Le domande degli studenti: 

Domanda: sono uno studente dell’Università di Beida, dell’Istituto di sociologia. L’Università di Bologna è la più antica d’Italia, e quella di Pechino è quella più moderna. Vorrei sapere quali sono secondo lei le principali possibilità per arricchire gli scambi.

Presidente: l’Ateneo di Bologna è il più antico del nostro Paese, è il più antico d’Europa. Ha sempre cercato, nel corso del tempo, di adeguarsi ai tempi mutati, per restare sempre sulla frontiera della modernità.

L’Ateneo di Pechino affonda le sue radici nella millenaria civiltà cinese. E quindi ha una pari anzianità culturale.

E questo ne fa due riferimenti nel mondo accademico internazionale, che è in collegamento, è in circuito comune.

Vede, volendo fare un’approssimativa, forse un po’ grossolana, ripartizione delle relazioni fra gli Stati, si possono fare tre categorie. I rapporti sul versante politico, i rapporti sul versante economico e quelli sul versante culturale.

Ho sempre pensato che di questi tre versanti – quello politico che attiene essenzialmente al modo in cui ci si colloca nella comunità internazionale, ai rapporti internazionali; quello economico, per lo sviluppo e il commercio, le relazioni di comune impegno economico; e quello culturale – quest’ultimo sia il più importante, perché è il più solido, è quello che pone radici che non sono condizionate dal contingente aumento presente.

E quello che è la dimensione culturale e quindi le relazioni di tipo culturale tra i Paesi, quelle che cementano l’amicizia, perché intensificano la comune conoscenza, lo scambio di conoscenza, la crescita comune.

E questo è un elemento, nei rapporti bilaterali, assai più saldo di quello pure importante, naturalmente, di carattere economico.

E poi hanno riflesso entrambi su quello politico.

Per questo, quello che possono fare è molto importante.

E già i due Atenei operano, come è noto – questo di Pechino, quello Bologna – nella collaborazione internazionale con altre Università.

Collaborano per comuni orizzonti di ricerca; collaborano per uno scambio di saperi, per uno scambio di conoscenze.

Tutto questo è prezioso ed è comune anche ad altre università.

E quindi, quello di questi due Atenei, così importanti nella costellazione universale del mondo, è un esempio che alimenta l’impegno molto grande che vi è da parte di tante università a questo riguardo.

Sviluppare quindi questa collaborazione, con lo scambio di docenti, con lo scambio di giovani ricercatori, con lo scambio di studenti, è davvero elemento fondamentale.

Vorrei dire che quest’ultimo, lo scambio di studenti, ha un ulteriore valore – poc’anzi vi accennavo – perché non soltanto crea conoscenza reciproca, non soltanto crea comune orientamento nelle ricerche e nello studio, ma crea anche, nella dimensione personale, rapporti di carattere umano fondamentali nella vita internazionale. Per questo il ruolo che possono svolgere questi atenei è davvero di grande rilievo.

Domanda: sono una studentessa del corso di laurea di italianistica dell’Università di Pechino. Come ci ha ricordato, quest’anno celebriamo il settecentesimo anniversario della scomparsa di Marco Polo, nonché il ventesimo anniversario dall’instaurazione del partenariato strategico globale fra Italia e Cina. I nostri due Paesi hanno antiche civiltà, e gli scambi culturali sono molto importanti. Come pensa che possiamo fare tesoro dell’eredità di Marco Polo e promuovere ancora gli scambi culturali tra i nostri due Paesi?

Presidente: ieri ho visitato la mostra di Marco Polo che è nell’ambito del Museo in cui c’è quel grande bassorilievo che dà un’affascinante sintesi, naturalmente molto sintetica, della storia millenaria cinese. E sono stato orgoglioso di vedere che lì vi sono immagini di due italiani: Marco Polo e Matteo Ricci. Sono gli unici non cinesi presenti lì, in quel bassorilievo. Questo riempie di orgoglio noi italiani, naturalmente, e sottolinea quanto sia intenso il rapporto tra Cina e Italia.

Questo rapporto antico si è tradotto operativamente nel partenariato strategico globale. E la sua definizione, pochi mesi fa, di un piano triennale di attuazione, che adesso vedrà anche la riunione di organismi comuni previsti da questa intesa, è uno strumento concreto con cui proiettiamo nel futuro quella relazione antica che abbiamo coltivato in questi anni.

L’ambito culturale è, in questo, particolarmente importante, ripeto.

Vede, la percezione della storia che le civiltà millenarie alle spalle consentono di fare è uno strumento importante per interpretare il presente e comprendere cosa può avvenire nel futuro.

Questo evita il pericolo di esaurirsi nell’angusta dimensione del presente, del contingente. Come se non ci fossero né un passato, né una storia passata, né un futuro da affrontare.

Ecco, venire in una città millenaria consente a noi di guardare con lucidità al futuro.

E in questo, quindi, in queste relazioni, nel costruire insieme questo cammino che intendiamo fare aumentando la collaborazione sotto ogni profilo, in ogni versante, in ogni settore della vita, l’ambito culturale è decisivo.

L’ambito culturale, non soltanto le Università. L’arte, la musica, la letteratura, tutte le espressioni di carattere culturale sono tutte sollecitazioni che sorreggono, accompagnano e anche, in buona parte, illuminano queste relazioni.

Per questo è molto importante.  Grazie della domanda e complimenti per la sua scelta.

Domanda: sono una studentessa italiana qui all’Università di Baida. Studio la diplomazia culturale nel mio master. Quello che vorrei comprendere è come un’Università come quella di Pechino può contribuire a rafforzare i rapporti di cultura diplomatica e di scambio culturale tra la Cina e l’Italia.

Presidente: devo dire che fanno già molto le Università per questo scopo. La sollecitazione, l’aspettativa, l’auspicio è che facciano sempre di più.

E vorrei collegare questo impegno delle Università con una prospettiva più ampia, di base: quella della pace; come la collaborazione culturale può contribuire alla pace.

È una condizione su cui riflettere molto in questo periodo della vita internazionale, in cui inattese esplosioni di violenza stanno allarmando e fanno temere che possano espandersi.

E quindi occorre intensificare molto gli strumenti di pace. E la cultura ne é il primo veicolo.

Cina e Italia sono due Paesi che hanno il perseguimento della pace nel loro dna, nei loro obiettivi di fondo. Anche per alcune ragioni. Da settanta/ottant’anni – quasi tre quarti di secolo – Cina e Italia hanno fatto dei progressi straordinari alle condizioni da cui sono partite allora, creando benessere per molti cittadini che non ne avevano, avanzando nella frontiera tecnologica.

Tutto questo è stato possibile grazie alla cultura, alle Università, al pensiero. È stato possibile perché c’è stata pace. Perché soltanto in condizioni di pace questo può avvenire.

La guerra distrugge ogni cosa. Sorprende ogni tanto, e questo è un interrogativo che sovente mi faccio in questo periodo che alcuni governanti del mondo sembrano non rendersene conto.

La guerra distrugge ogni cosa e impedisce che vi siano vincitori, quando si verifica. Non soltanto per l’aumento – sconvolgente e terrificante – di armi distruttive di sempre maggiore potenza e di sempre maggior numero al mondo, ma anche perché si sono moltiplicati gli strumenti che danno morte. Persino strumenti di vita quotidiana possono diventare strumenti di morte, di attacco e di distruzione.

Questo fa pensare, ragionevolmente per chi ragiona – la cultura e gli atenei sono chiamati a far ragionare – che, in caso di guerra, nessuno in realtà vince, ma tutti sarebbero sconfitti. Sarebbero perdenti perché hanno perso molto, hanno perduto molto e non recuperano più. Far comprendere questo – e la cultura è il veicolo per farlo comprendere – è fondamentale.

Inoltre Cina e Italia hanno avuto questo grande progresso, questa grande crescita, utilizzando i rapporti economici e commerciali aperti nel mondo, internazionali.

Sono, entrambi i Paesi, convinti cultori dell’importanza di mercati aperti, di collaborazione economica e commerciale nel mondo.

E questo è non soltanto possibile se vi è pace, ma è anche uno strumento di pace, perché collaborazioni economiche sempre più strette creano interessi comuni che sono un antidoto alla guerra.

Ecco, far comprendere queste cose è un compito, anche questo, della cultura. Anche delle Università. Far comprendere come vi sia un’esigenza di pace che va coltivata anzitutto nell’animo, nel modo di ragionare, nel modo di pensare dei vari Stati.

In questo, Cina e Italia sono orientati concordemente, con vigore, per la pace e per la collaborazione internazionale.

E, in questo, la collaborazione universitaria può fare molto. Può fornire gli elementi di base, di conoscenza, di cultura, di modo di pensare.

E questo è un compito che hanno i docenti, i ricercatori, ma anche gli studenti, che sono il parametro della collaborazione internazionale.

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