Anno Giudiziario. Meliadò: nessun cambio di passo con riforma. Nel 2024 mille processi su violenza donne

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AgenPress –  “E’ arduo sostenere che le nuove riforme siano in grado di realizzare, almeno a Roma, in tempi brevi un significativo cambio di passo nei tempi della giustizia civile e penale”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Giuseppe Meliadò, nella relazione alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario.

“Quel che è, invece, certo è che, nell’anno decorso, vi è stato in ogni ufficio del distretto un grande sforzo per ridurre l’arretrato e migliorare i tempi dei processi civili e penali e che questi risultati sono tanto più importanti in quanto realizzati quasi che tutti gli uffici del distretto operassero ad organico pieno”.

“Laddove, invece, tutti gli uffici, ad iniziare da quelli più grandi, sono stati costretti ad operare in quest’ultimo anno con vuoti di organico, sia del personale di magistratura che di quello amministrativo, sempre più importanti e ormai insostenibili”.

Roma “sta progressivamente diventando il coacervo di tutte le mafie e di tutte le forme di criminalità e, nonostante ciò, la percezione di tale emergenza stenta ad andare di pari passo con la velocità con cui si radicano e diffondono le organizzazioni e le pratiche criminali”.

E’ “enorme l’impatto che sugli uffici giudiziari del distretto determinano i reati di violenza familiare e nei confronti delle donne, che rappresentano quasi il 32% dei procedimenti di rito collegiale pervenuti a giudizio presso il Tribunale di Roma e che hanno determinato l’afflusso presso la Corte di oltre mille processi”, ha aggiunto.

“Ha destato sgomento la scelta del legislatore di trasferire, con procedura d’urgenza, senza alcun aumento dell’organico e senza risorse aggiuntive, alla Corte di appello di Roma le procedure di convalida dei provvedimenti di trattenimento degli stranieri adottati dal Questore, ad appena pochi mesi dall’opposta scelta di rafforzare (a Roma con ben dieci posti in più) le sezioni di primo grado competenti in materia di protezione internazionale”.

“Si tratta di una scelta priva di alcuna apparente razionalità, che rischia di destabilizzare i già precari equilibri del contenzioso, gettando un’ombra su tutta l’attività della Corte, per la sua indubbia capacità di interrompere i processi virtuosi con grande fatica avviati in questi ultimi anni”.

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