In occasione dell’80° anniversario della Liberazione, il Presidente della Fondazione OMRI, Prefetto Francesco Tagliente, condivide una riflessione sul valore civile e istituzionale del 25 aprile, richiamando l’importanza della memoria come guida per il futuro
AgenPress. Il 25 aprile non è solo una data da ricordare, ma un orizzonte da custodire. È il giorno in cui l’Italia celebra la propria rinascita democratica, il momento in cui si ricorda che la libertà conquistata nel 1945 non fu il risultato dell’azione di pochi, ma il frutto del coraggio e della partecipazione di un intero popolo. A ottant’anni dalla Liberazione, quella memoria risuona ancora viva: i partigiani furono tanti, e con loro preti e suore, operai e contadini, insegnanti, medici, militari, donne e uomini di ogni credo politico e condizione sociale. Un’Italia larga, coraggiosa, silenziosamente solidale, che non accettò il sopruso e la violenza e si oppose, anche a rischio della vita, al giogo nazi-fascista.
Quest’anno, la cerimonia si è aperta come da tradizione all’Altare della Patria, dove il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affiancato dalle più alte cariche dello Stato, ha reso omaggio al Milite Ignoto. Poi Genova, città che si liberò da sola, senza attendere l’arrivo delle truppe alleate. Qui il Capo dello Stato ha scelto luoghi carichi di significato: il cimitero monumentale di Staglieno e il Teatro Nazionale, per ricordare che la Resistenza fu anche cultura, arte, coscienza collettiva. Il suo discorso, pur segnato dal contesto del lutto per la scomparsa di Papa Francesco, ha ribadito il valore pedagogico della Liberazione: non solo come fatto storico, ma come fondamento della nostra identità civile.
Il 25 aprile ci parla ancora oggi, soprattutto in un tempo in cui l’Europa e il mondo sono attraversati da venti di autoritarismo e da rigurgiti nazionalisti. È in questa chiave che la Resistenza va riletta: come il primo passo di un cammino che ha portato alla nascita della Repubblica e della Costituzione, e che oggi ci chiama a rinnovare ogni giorno l’impegno per la democrazia, la pace e la giustizia sociale. Trasmettere tutto questo alle nuove generazioni è un dovere civile: far comprendere che essere cittadini italiani non significa solo appartenere a uno Stato, ma aderire a un sistema di valori che nasce da quel 25 aprile. La memoria, infatti, non è mai un esercizio retorico se serve a costruire il futuro.