Il Presidente Giorgia Meloni alla Cerimonia per l’esposizione di una teca dedicata a Paolo Borsellino

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Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tenuto un intervento, presso la Camera dei Deputati, alla Cerimonia per l’esposizione nel Transatlantico di una teca dedicata a Paolo Borsellino


AgenPress. Saluto tutte le autorità, particolarmente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma voglio salutare e ringraziare davvero con il cuore soprattutto chi ci ha consentito di essere qui oggi per scrivere insieme una pagina di storia del Parlamento. E quindi voglio salutare, abbracciare con affetto Lucia e Manfredi Borsellino, i loro familiari che sono qui oggi. Voglio mandare anche un pensiero a Fiammetta che non ha potuto essere qui oggi, ma sono certa che ci stia seguendo.

Voglio ringraziare il Maresciallo Canale e sua figlia Manuela che con il loro grande gesto di amore, di generosità, ha permesso che uno degli oggetti più importanti, più cari al signor Procuratore Borsellino, quindi la sua borsa da lavoro, potesse trovare collocazione nel cuore della nostra democrazia e quindi diventare un simbolo visibile e quindi essere anche il monito che merita di essere.

Io ho raccontato molte volte di aver cominciato il mio impegno politico all’indomani della strage di Via D’Amelio. Sono passati 33 anni. Conservo ancora un’immagine estremamente nitida di quel giorno, di quel momento, del caldo, del tinello della casa di mia madre, delle immagini al telegiornale, di quella devastazione. E di quell’improvviso senso di urgenza, di quella sensazione che non avesse senso provare rabbia se non si riusciva anche a trasformare quella rabbia in qualcosa, in un gesto, in un impegno, in una mobilitazione.

Quel giorno inizia il cammino che mi ha portato, due anni e mezzo fa ormai, a essere Presidente del Consiglio dei Ministri. E forse una delle emozioni più grandi che ho provato è stata quando mi sono recata dal Presidente della Repubblica per sciogliere la riserva, presentare la lista dei Ministri; Dopo questo passaggio si va dai Presidenti di Camera e Senato e quindi io sono venuta a trovare il Presidente Fontana – che pure ringrazio e saluto -, sono andata anche dal Presidente La Russa prima. E quando sono entrata davanti a me si è parata una gigantografia di Paolo Borsellino, perché la Camera stava ospitando una mostra dedicata agli eroi dell’antimafia. Per me è stata un’emozione straordinaria perché era come se si chiudesse un cerchio: la persona alla quale io dovevo il mio impegno politico che era lì nel momento in cui si arrivava a forse l’impegno più significativo che quella mobilitazione politica possa regalare – sarebbe una parola non adeguata -, rispetto alla quale possa impegnarti.

E questa è la mia storia personale, però il sacrificio di Paolo Borsellino, dei servitori dello Stato che erano al suo fianco quel 19 luglio del 1992 – Agostino, Claudio, Emanuela, Walter, Vincenzo – non ha motivato solo me. La mia è la storia di tantissime persone in quegli anni, è la storia di tanti altri che da quelle stragi di mafia hanno deciso di impegnarsi, perché la cosa che noi dobbiamo ricordare è che da quelle stragi è partito un movimento di popolo che per la prima volta ha detto visibilmente no. Ha detto visibilmente no alla violenza, al ricatto, all’omertà, all’illegalità in cui la mafia avrebbe voluto condannare l’Italia. Una grande sottovalutazione da parte di Cosa Nostra, la reazione che il popolo italiano ha avuto a quella che volevano fosse terrore, a quello che si voleva fosse terrore. Milioni di italiani a quel punto hanno preferito l’impegno all’indifferenza, il coraggio all’apatia, il senso del dovere all’ignavia. Hanno scelto, cioè, di percorrere la strada dell’onore della Nazione contro il finto onore di uomini che si autoproclamano d’onore.

Paolo Borsellino ci ha insegnato che avere paura è umano, ma che quando si combatte per difendere ciò in cui si crede il coraggio può essere più forte di quella paura. Ed è così che è stato la scintilla di un incendio di speranza, di giustizia, di amore per l’Italia.

A 33 anni di distanza il suo testimone è ancora saldo nelle mani di tanti che anche nel suo insegnamento continuano ogni giorno a combattere la mafia. Quel testimone trova forma e sostanza nell’impegno che le Istituzioni a ogni livello portano avanti contro la criminalità organizzata, nella difesa e nel potenziamento di quella legislazione antimafia che porta il nome suo e di Giovanni Falcone, che è diventata un modello a livello internazionale – io vado in tutto il mondo, torno ora dal G7: al G7 c’è una dichiarazione, delle sette dichiarazioni del G7, che parla di combattere le organizzazioni criminali seguendo il principio di “follow the money”, seguire i soldi; oggi è di dominio pubblico a livello internazionale ma è partito da qui -, e  poi nella ricerca instancabile per fare luce sulle pagine ancora a buie di quegli anni della nostra storia. Il popolo italiano ha il diritto di conoscere la verità, ogni sforzo per conoscere quella verità deve essere sostenuto, come quello che sta portando avanti la Commissione parlamentare antimafia che con coraggio con determinazione sta lavorando in questa direzione – grazie Presidente, grazie a tutti i membri della Commissione.

Questa teca contiene la borsa da lavoro di un magistrato. Oggi noi sappiamo che la borsa da lavoro è stata sostituita da mezzi un po’ più tecnologici – il portatile, altri strumenti simili. 40 anni fa in quella borsa per qualsiasi magistrato c’erano le carte importanti, che voleva dire che c’erano le paure, c’erano i sacrifici, c’era il lavoro che ti portavi a casa fuori dall’orario, c’era quel pezzo di vita molto ampio che decidevi di regalare a qualcosa in cui davvero credevi. Per molti oggi può sembrare una specie di reperto, però penso che anche per i giovani magistrati di oggi sia qualcosa di più: è il simbolo del dovere, dell’attaccamento al servizio in ogni momento della vita, anche quando la toga non si indossa. Perché la verità è che Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone, come Rosario Livatino, non faceva il magistrato, era un magistrato. Un magistrato innamorato della giustizia, della verità, della libertà.

Io penso – e concludo e vi ringrazio – che la cosa più giusta e più bella che noi possiamo fare per onorare questo uomo straordinario, questi uomini straordinari, sia combattere per affermare gli stessi valori, con la stessa determinazione, con lo stesso coraggio e come hanno fatto loro ogni minuto di ogni singolo giorno.

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