AgenPress. «Celso caro giorni fa ripensavo, sorridendo, a quante alterne avventure avevamo passato insieme, fianco a fianco, tra giorni di dubbio e di creazione, di abbattimento e di esaltazione, in un tempo lungo ormai quarant’anni. Da La vita è adesso a Oltre a In questa storia.
Imprese impossibili e ardite che diventavano, pian piano e man mano, opere nuove.
Vicende di musica, di lavoro e di gioco.
D’altronde suonare e giocare, in inglese, tedesco e francese, si dicono con lo stesso vocabolo. E ragionare e praticare di musica è un trastullo serissimo e anche infantile.
Così, specialmente, quest’ultime storie ricordavo meglio e di più.
Le ore trascorse negli studi e gli alberghi di mezza Europa quando, spesso per distrarci dall’ansia delle progettazioni, ci davamo al cazzeggio più assurdo, sfrenato, insensato su qualunque argomento e su qualsiasi fatto accadesse.
Un passatempo, spassoso per noi e incomprensibile agli altri, era riportarci a vicenda, ogni mattina, i saluti e gli auguri, inventati di sana pianta, di qualche illustre collega.
Non voleva dir niente ma quanto ci abbiamo brigato e riso e ghignato.
Oggi, nel giorno del tuo commiato, ti salutano tutti. Con affetto e ammirazione.
Bravo Maestro.
Hai fatto cose bellissime e memorabili ed è stato, è e sarà sempre un onore grande
e un privilegio speciale avere avuto la possibilità di condividerle con te.
Aver partecipato a una partita avvincente e sublime.
E alla fine, al di là di ogni pronostico, aver pure vinto».
Claudio