Luca Dal Fabbro Presidente Iren all’Italian Investment Council 2025 by Remind

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AgenPress. Si sono conclusi il 27 febbraio 2025 i tavoli di approfondimento di “Italian Investment Council 2025” by Remind – l’Associazione delle Buone Pratiche dei Settori Produttivi Italiani – un’importante occasione di confronto tra Pubblico e Privato per promuovere le eccellenze del Made in Italy all’estero, analizzare le sfide e le opportunità legate agli investimenti e allo sviluppo economico sostenibile, sociale e culturale.

Esperti, Imprenditori, Manager, Professionisti Partner di Remind che hanno messo a disposizione esperienze e competenze per delineare insieme alle Istituzioni internazionali, nazionali e locali le Politiche industriali per la crescita dell’Italia, per la sicurezza e il benessere delle persone dove vivono, operano e transitano.

Tra i partecipanti Luca Dal Fabbro, Presidente Iren che ha cosi dichiarato: “Buongiorno a tutte e a tutti, volevo mandarvi i miei saluti e anche consegnarvi un mio piccolo intervento sul tema di oggi.

Siamo in una fase storica particolare, dove abbiamo tre transizioni in corso: la transizione energetica, la transizione digitale e anche la transizione verso un mondo che si sta deglobalizzando o si sta riglobalizzando. In altri termini, stiamo avendo diverse sfide di fronte a noi.

La rivoluzione tecnologica della transizione energetica ci sta richiedendo tecnologie avanzate nel mondo dei rinnovabili, per esempio, e le energie rinnovabili richiedono materiali, per esempio i materiali critici di cui parleremo. La stessa cosa la rivoluzione digitale: pensate all’intelligenza artificiale, ai data center, a tutto ciò che è chip, che anche questa richiede materiali, energia, acqua.

E poi c’è la transizione verso un mondo dove si stanno creando dei mega blocchi in competizione tra di loro. E in tutto questo contesto, l’Italia cosa può fare? Cosa deve fare? Qual è la nuova traiettoria che dobbiamo disegnare insieme come industria?

E parlando di industria, ritengo che una delle priorità — non l’unica, ma una delle priorità — che l’industria italiana deve affrontare è quella del fabbisogno dei materiali e dei prodotti strategici. Pensate ai microchip, pensate ai materiali considerati critici.

L’Unione Europea ha, lo scorso anno, diffuso un documento, un position paper, ma anche una regolamentazione su questi materiali critici: il Raw Critical Material Act della Commissione Europea, che dice che esistono dei materiali critici che sono fondamentali per la nostra competitività e la nostra industria. Come Europa, e l’Italia in particolare, è sensibile e dipendente da una serie di questi materiali — non tutti — ma materiali come il rame, lo zinco, il molibdeno, il tantalio, la grafite sono alcuni dei materiali, come il platino, il palladio, l’oro e l’argento, essenziali.

E pensate che quasi un terzo del PIL italiano dipende da essi, direttamente o indirettamente. Ora, pensare di non fare una politica di approvvigionamento strategico su questi materiali significa ovviamente essere destinati ad avere problemi nel futuro, perché questi materiali potrebbero scarseggiare nel futuro, magari non tutti, ma una parte di essi.

E la stessa cosa vale per i microchip. Da qui occorre disegnare una strategia di approvvigionamento nazionale ed europea atta a permettere di avere un’autonomia strategica — così si dice — cioè una certa indipendenza. Non sarà immediata: pensate che più del 70 per cento della quasi totalità dei materiali critici oggi è controllata, direttamente o indirettamente, da un unico paese, la Cina, che ne cura la raffinazione, l’estrazione e la commercializzazione.

Ora, per diciamo coprire questo gap e raggiungere la Cina ci vorranno anni. Pensate che la Cina, per raggiungere questa posizione di leadership, ci ha messo più di 25 anni con i materiali critici. Il presidente della Cina disse sostanzialmente che non si poteva raggiungere una leadership sui materiali come i combustibili — come il petrolio e il gas — ma si poteva diventare leader nei materiali critici, in quei materiali che sono abilitatori per tecnologie fondamentali come le TAC, i pannelli fotovoltaici, le batterie, i data center, i microchip.

Cioè, materiali fondamentali per la competitività e la sicurezza di un paese. Ora, l’Europa e l’Italia, senza questi materiali, perde competitività, perde mercati, ma è anche meno sicura. Da qui l’importanza di cominciare a ragionare seriamente su come fare a raggiungere quella che si chiama l’autonomia strategica sui materiali critici.

Su questo, la mia azienda, Iren, ha investito in questi anni denari per poter sviluppare tecnologie nuove che raggiungono, diciamo, la Cina, recuperano alcuni di questi materiali critici attraverso degli impianti innovativi. Abbiamo lanciato ad Arezzo un impianto molto innovativo con tecnologie idrometallurgiche avanzate — il primo in Europa — che, dalle schede dei computer, raccoglie il platino, l’oro, il palladio e l’argento, e lo trasforma in materia prima seconda.

Questo impianto di Arezzo sarà il primo ed è un impianto che lavora diversi kg, in qualche caso anche tonnellate, di materiali critici. Questo lo fa attraverso la lavorazione di schede che, di norma, o vengono gettate in discarica o vengono mandate all’estero per essere lavorate.

L’indipendenza si potrà raggiungere da paesi come la Cina o altri solamente attraverso una politica variegata che, intanto, recupera dai rifiuti che noi gettiamo in discarica o mandiamo all’estero quei materiali preziosi. Poi, ovviamente, da un’attenzione al design, quindi a fare, diciamo, prodotti che utilizzano meno materiali.

E la terza: anche pensare di riavviare ragionamenti di estrazione e di raffinazione nei paesi dove sono e dove c’è ricchezza di questi materiali stessi. Un’altra notazione importante è il tema dell’energia e dell’acqua. Quindi, a fianco dei materiali critici, l’altro tema importante che dobbiamo attenzionare come sistema paese, come, diciamo, policy maker — di fronte a me oggi ce ne sono molti — è il tema dell’utilizzo dell’acqua e dell’utilizzo dell’energia, a fronte di un nuovo scenario che si sta avverando, che è quello dei data center e dell’intelligenza artificiale.

Pensate che oggi l’intelligenza artificiale e i data center consumano dal 2 al 4 per cento dell’energia dei paesi avanzati. Questa energia è destinata a crescere esponenzialmente. Pensate che, in pochi anni, i data center nel mondo consumeranno l’energia consumata in Germania e in Giappone insieme.

Quindi, grandissime quantità di energia. Pensate che solo intorno alla città di Milano stanno costruendo 20 nuovi data center per 10.000 gigawatt di energia in più consumata come potenza. Cosa significa? Una grande sfida per i distributori e per i produttori di energia, come Iren o come anche altri, che devono fornire energia — possibilmente rinnovabile, quindi ambientalmente più sostenibile — a questi grandi data center.

Ma i data center non richiedono solo energia: richiedono anche grandi quantità di acqua. Quindi, la seconda sfida sarà l’acqua, sempre più preziosa, sempre più scarsa. E quindi, anche qui ci sarà bisogno di grandi investimenti.

Per dire che cosa? L’Italia sarà sede, sarà protagonista nei prossimi anni, nella misura in cui sarà capace di intraprendere una serie di investimenti infrastrutturali importanti nella distribuzione elettrica, nella trasmissione elettrica e nella ricerca delle aziende dell’acqua, nelle sue tubazioni e nella creazione, quindi, di una rete idroelettrica e idrica adeguata alle sfide che abbiamo di fronte a noi.

Io sono ottimista, ma bisogna lavorare tutti insieme: policy maker, banche, imprese, università, per vincere questa sfida.”

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