Smarriti e decaduti abbiamo perso identità. La lezione di Ida Magli è fondamentale

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AgenPress. Siamo eredi e come tali dovremmo essere custodi. Custodi di una eredità che ha dato il nome all’identità sia in termini di civiltà che di popolo. Chi sono stati i nostri Padri? Siamo Occidente perché portiamo dentro di noi i diversi Orienti che abbiamo attraverso e ci hanno attraversato nelle epoche del tempo. Non siamo nati dispersi. Siamo diventati erranti perché abbiamo dimenticato e forse rinnegato. Siamo delle macerie e in esse campeggiano le macerie.

​Cosa mai ci sarà dopo l’Occidente? Un tema al quale Ida Magli, scomparsa il 21 febbraio 2016 (era nata a Roma nel 1925), si era dedicata negli ultimi anni della sua vita. Ma la sua preziosa presenza, nel contesto culturale del Novecento, è stata quella di legare il concetto di cultura e di politica a quello dei fenomeni antropologici. Non solo nell’epoca della post modernità, ma soprattutto dalle civiltà del Mito a quelle del Sacro.
 
“Il mulino di Ofelia. Uomini e dei” del 2007 resta un testo solcante, ma anche una summa di un percorso in cui gli uomini, passati attraverso l’onnipotenza dei miti, si scoprono deliranti dei nella simbologia che ha bisogno della rivelante attesa. Il cristianesimo è la voce di un vocabolario non solo esistenziale, ma anche profondamente religioso.
Ci aveva sempre avvertito, e le mie conversazioni con lei, che ci riportavano a discutere sempre di Maria Zambrano, in tempi remoti e recenti, mi avevano sottolineato che  il tempo della cultura è sempre un tempo spirituale che ha bisogno di processi all’interno delle società. Civiltà e cultura hanno bisogno non solo dei sistemi strutturali di uno Stato Nazione, bensì della coscienza dei popoli che attraversano le civiltà.

Un tema antico che ha sempre accompagnato Ida lungo il viaggio tra uomini e dei, appunto, in un processo che non solo è di identità, ma di tentativo di salvezza. Nella sua religiosità ha ridato il senso al viaggio profetico. Mi è stata accanto quando ho deciso di dedicarmi a Santa Teresa d’Avila perché i miei studi scavano proprio nel suo saggio dedicata all’altra Teresa, ovvero  “Santa Teresa di Lisieux – Una romantica ragazza dell’Ottocento”, testo che risale al 1994, e poi in quella straordinaria icona sulla  Madonna che è del 1987.

Un rapporto che riporta a tempi antichi sui quali occorre costantemente riflettere per ridare un orizzonte allo scavo della critica della crisi. Si pensi alla ripubblicazione del “Gesù di Nazaret” del 1982. Penso alla nuova edizione, 2004, in cui il tema della spiritualità  e della cultura affronta questioni teologiche, ma anche puramente sacrali. Spiritualità e cultura. Testimonianza e politica che si incamminano lungo il segno della salvezza: Ida Magli e Maria Zambrano un labirintico itinerario.

Il mio senso eretico si trova anche in questo pensiero forte di Ida: “Il cristianesimo, costituendosi con tutte le strutture del sacro, fin dal primo momento della morte di Gesù, non ha in nessun modo messo in atto quello che lui aveva proposto”. Temi che sono delle costanti nella società e con i quali le generazioni si confrontano tra eresia e antropologia. Ma il confronto non può che innescarsi su significati profondi che la vita pone quotidianamente.

Il tema della cultura nell’uomo deve essere sempre più centrale. In virtù di ciò Ida Magli ha costruito un nuovo modo di fare antropologia partendo dagli uomini della penitenza, ovvero da quel Medioevo che è dentro la civiltà della storia, perché la storia senza civiltà non ha appartenenza. Mi riferisco a “Gli Uomini della Penitenza – Lineamenti antropologici del medioevo italiano” del 1967. Un  libro che mi ha formato, in tempi non vicini e che mi ha “intrappolato” positivamente nel leggere anche la letteratura attraverso i parametri di una antropologia che ha posto sempre al centro l’umanesimo dei popoli e con essi lo scavo dell’umanesimo delle civiltà.

Nei miei anni dell’università  c’è, invece, un altro testo che è entrato nei miei studi e mi ha accompagnato sino ad ora. Infatti risale al 1978 “Matriarcato e potere alle donne”. Non è possibile intrecciare archeologia e simbologia senza passare dal neolitico del matriarcato intessuto da Ida. E da qui al motivo della cultura e etnologia del “selvaggio”, tanto caro alla mitologia applicata da Pavese in letteratura sino al concetto di una Italia da salvare da una Europa scristianizzata: “L’Europa in cui siamo costretti a vivere è un’Europa profondamente comunista, livellata verso il basso, che impedisce lo sviluppo delle singole nazioni” (Ida Magli).

Insomma una vera maestra. O meglio per usare un temine neutro, nel senso vero della semantica, un maestro del sapere senza il collante dell’ideologia o del giustizialismo ideologico. È stata molto cara, nella mia formazione. Le etnie non sono solo lingua ma anche antropologia delle lingue: mi ha sottolineato in uni dei nostri ultimi incontri. Mi ha dato tanto. Il suo pensare su Gesù e su Santa Teresa di Lisieux restano, come in Maria Zambrano, dalla quale è stata attenta lettrice, punti centrali di una cultura che per essere confronto deve essere umanizzante. Un insegnamento che resta. Resta sul piano di una ricerca della consapevolezza di identità. Siamo consapevoli di essere identitari in una Europa che è stata definita della multi etnicità? Cosa sono le etnie in questo nostro tempo sradicante? Quelle storiche soprattutto.  Omero Virgilio e la Bibbia restano punti di riferimento.  Non potremmo avere identità se dovessero mancare le civiltà fondantive. Almeno in Occidente.  Noi siamo Occidente. Lo si vuole capire? Senza la funzione del cristianesimo non ci sarebbe Occidente. Come senza il mito greco.

La geografia è un tessuto fisico ma è in particolar modo una geografia dell’anima. Ulisse e Enea sono la penetrazione dell’uomo occidentale. Venendo meno questa chiave di lettura verrebbe meno l’Occidente.  Inizia con omero e prosegue con Paolo. Qui entra nell’incastro identitario il Mediterraneo orientale. Prima appunto con Paolo e poi con Agostino. Siamo dentro questa dimensione.  Ma l’Europa che viviamo oggi ha smarrito i codici di accesso dell’uomo della tradizione.

Siamo smarriti e custodiamo relitti. I mercati non sono identità. Si è perso il senso e con esso una obiettivo d’orizzonte. Smarriti e decaduti abbiamo perso identità. La lezione di Ida Magli è fondamentale.

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