L’Ateneo romano ha collaborato alla realizzazione dell’installazione City of Plants, ideata dallo studio MAD, apportando il suo contributo scientifico con la messa a punto di sensori intelligenti per le piante
AgenPress. Naturale e Artificiale. Biosensori sulle piante e progetti per allestimenti tecnologici avanzati e innovativi. Ricerca scientifica e architettura d’avanguardia. Apparenti dicotomie che si fondono nell’installazione “City of Plants”. Un vero e proprio esperimento di “intelligenza collettiva” realizzato da un gruppo multidisciplinare, guidato dallo studio MAD, che ha visto protagonista della 19ª Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia 2025 – per la prima volta – l’Università Campus Bio-Medico di Roma (UCBM).
L’obiettivo dell’allestimento è coinvolgere i visitatori della Mostra invitandoli a esaminare il rapporto in evoluzione tra architettura, natura, tecnologia ed energia, e a esplorare come il pensiero architettonico possa creare nuovi spazi urbani e rispondere alle esigenze dell’ambiente.
L’installazione è composta da tre sistemi interconnessi: un paesaggio ecologico racchiuso in tre teche a forma di bolla; un sistema generativo di suoni e luci reattivo all’interazione umana; una piattaforma multisensoriale basata su sensori in fibra ottica per il monitoraggio ambientale.
Ed è su quest’ultimo sistema che entra l’intervento diretto dell’UCBM. “Le piante inviano messaggi che possono essere codificati e interpretati attraverso dei biosensori collocati all’interno delle teche in prossimità delle piante”, chiarisce Daniela Lo Presti, coordinatrice di progetto e ricercatrice UCBM presso l’Unità di Ricerca di Misure e Strumentazione Biomedica della Facoltà Dipartimentale di Ingegneria. “Abbiamo colto l’invito dello studio di architettura MAD, che ci ha chiesto di dare un ruolo attivo alle piante e di farle dialogare con i visitatori. Siamo noi ad aver ideato e fabbricato presso la nostra Università dei sensori ad hoc, leggeri e trasparenti” precisa Lo Presti. Ogni elemento è pensato nel rispetto dell’ambiente, in una logica di sostenibilità e coesistenza. “I nostri sensori non interferiscono né con la crescita delle piante né con l’equilibrio raggiunto all’interno delle teche. Non toccano direttamente gli organismi viventi, ma, installati all’interno di tre piccole capsule rilevano informazioni ambientali legate allo stato di salute delle piante. Nello specifico, ogni teca ospita due sensori incapsulati all’interno di una matrice flessibile bioispirata: un sensore rileva variazioni di umidità e l’altro monitora variazioni di temperatura. I dati ambientali raccolti vengono trasformati in suoni e luci, generando un ambiente immersivo in costante evoluzione”.
Altri sensori, allo stesso tempo, rilevano le vibrazioni generate dai movimenti della ghiaia posizionata all’interno delle teche in zone accessibili al tocco dei visitatori: l’interazione con i ciottoli bianchi dell’installazione genera suoni che si armonizzano con quelli generati dalle piante, creando un paesaggio sensoriale che riflette la presenza e il comportamento sia degli esseri umani che della natura. Ma dietro l’esperienza immersiva offerta ai visitatori della mostra, c’è un lavoro scientifico di primo piano messo a disposizione da UCBM.
“Si tratta di un progetto nato spontaneamente dalle idee creative e dall’entusiasmo dei nostri ricercatori, che hanno saputo far squadra all’interno e all’esterno della nostra università” spiega il professore Eugenio Guglielmelli, Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. “Questo è emblematico del contesto e dei valori del nostro Ateneo, che promuove da sempre un approccio di formazione e di ricerca aperto, inclusivo e interdisciplinare. Siamo convinti che il nostro compito non sia solo generare nuove idee creative, ma anche saper tradurre e valorizzare i risultati della ricerca in tempi brevi in soluzioni concrete e sostenibili, assumendo un ruolo di aggregatore tra le diverse realtà che possono dare contributi rilevanti ai nostri progetti, con l’obiettivo comune di migliorare la vita delle persone e di proteggere il nostro pianeta: Sustainable OneHealth“.
Al progetto hanno contribuito ricercatori provenienti da diversi dipartimenti di UCBM: Ilaria Condò, dottoranda in Bioingegneria, Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti presso l’Unità di Ricerca di Misure e Strumentazione Biomedica, che ha curato il progetto e la fabbricazione dei sensori; Sara Maria Giannitelli, ricercatrice presso l’Unità di Ricerca di Tecnologie Avanzate per Materiali Innovativi e Modelli d’Organo, che si è occupata dello sviluppo di materiali polimerici per incapsulare e funzionalizzare i sensori utilizzati in Biennale; Sara Cimini, ricercatrice presso l’Unità di Ricerca di Scienza degli Alimenti e Nutrizione, che ha supportato nella fase di test preliminari su pianta. Al loro fianco l’ENEA che da anni supporta l’Unità di Ricerca di Misure e Strumentazione Biomedica di UCBM nella realizzazione di sistemi sensorizzati in fibra ottica, dal cablaggio alla gestione e al trasferimento dei dati acquisiti.
“Senza il lavoro di squadra e l’approccio multidisciplinare che caratterizza la nostra Università, tutto questo non sarebbe stato possibile. Partecipare a questo evento rappresenta un’opportunità unica di collaborazione interdisciplinare, in un contesto internazionale di altissimo prestigio e fuori dalla nostra zona di comfort, che abbiamo voluto esplorare” afferma il Prof. Emiliano Schena, Presidente del Corso di Laurea triennale in Biomedical Engineering UCBM.
“Alla Biennale abbiamo portato la nostra ampia esperienza nello sviluppo di sensori basati su fibre ottiche, che utilizziamo abitualmente nei nostri sistemi wearable, ovvero indossabili e in generale, nei sistemi di misura che sviluppiamo. Questi strumenti ci consentono di raccogliere informazioni preziose e accurate sullo stato di salute dell’organismo umano e ci aiutano a monitorare, anche a distanza, condizioni cliniche particolari, ad esempio l’effetto di alcune terapie. Ma anche le piante sono esseri viventi e le informazioni da loro captate tramite i sensori ci consentono di ricavare informazioni utili legate alla crescita della pianta stessa e all’ambiente circostante”.
L’utilizzo di pesticidi, la siccità, o l’eccesso di acqua sono soltanto alcuni esempi di fattori di stress che mettono a dura prova la salute della pianta: se controllati attraverso i sensori e gestiti in maniera mirata possono dare un notevole contributo all’agricoltura e alla sostenibilità degli interventi umani sui territori.
L’installazione può essere visitata fino al prossimo 23 novembre, presso le Artiglierie dell’Arsenale. Oltre al supporto dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, lo studio MAD si è avvalso anche del contributo di Bruno Zamborlin, Parcnouveau, ENEA, Logli Saint-Gobain, Crespi, Michele Todini, FLUX CS.