Migranti. Mimmo Lucano. “Dietro la mia condanna ombre poco chiare. Trattato come un mafioso”

AgenPress – “Tutti questi soldi? ma quali soldi! Io non ho più nemmeno gli occhi per piangere. Dietro la mia condanna ci sono ombre poco chiare. Un magistrato molto importante, un politico di razza, hanno dall’inizio cercato di offuscare la mia immagine, il mio impegno verso gli immigrati, i più deboli. I nomi? Adesso è ancora presto, più avanti. Voglio prima leggere le motivazioni della sentenza. Mi aspettavo un’assoluzione piena”.

Così Mimmo Lucano, dopo la condanna a 13 anni e 2 mesi per presunti illeciti nella gestione dei migranti, dice la sua, intervistato dal Corriere della Sera e a colloquio con la Stampa, definendo la condanna come di “una cosa pesantissima, inaspettata, inaudita, che non capisco e che non si dà nemmeno per delitti di mafia”.

Sul maxi risarcimento, aggiunge: “voglio gridarlo! Mia moglie fa un lavoro umile, pulisce le case delle persone. Non ho proprietà, non ho niente, completamente, vado avanti così, con nulla. Non ho un centesimo per pagarmi gli avvocati”.

“Dietro la mia condanna ci sono ombre poco chiare. Un magistrato molto importante, un politico di razza, hanno dall’inizio cercato di offuscare la mia immagine, il mio impegno verso gli immigrati, i più deboli. I nomi? Adesso è ancora presto, più avanti. Voglio prima leggere le motivazioni della sentenza. Mi aspettavo un’assoluzione piena”. ”

Già dall’inizio la mia popolarità, mai cercata, li ha infastiditi. Hanno voluto (e vogliono) che si parlasse solo di loro, delle loro attività, dei loro libri, delle loro inchieste. Io non ho avuto la notorietà perché me la sono cercata. Il mio impegno, il mio modo di aiutare il prossimo, sono stati gli argomenti che mi hanno reso popolare. A loro dava fastidio che i media, la politica, s’interessassero di quello che io facevo. Invidia pura. Diventata probabilmente anche rabbia quando la rivista Fortune mi ha assegnato quel riconoscimento e, soprattutto, quando la Rai ha voluto realizzare la fiction su Riace con Beppe Fiorello protagonista. Lì è scattato qualcosa che è alla base delle mie sventure giudiziarie”.

“Su Riace la politica si era già divisa nel 2015. Gli ideali della destra hanno preso il sopravvento e anche la sinistra non è stata all’altezza di porre un rimedio. Salvini all’epoca s’intestò la battaglia contro gli immigrati e si schierò apertamente contro i diritti umani”.

E conclude: “Rifarei tutto. Anche il tentativo di prolungamento dell’asilo politico per la giovane immigrata Becky Moses, trasferita a forza da Riace e morta bruciata nella tendopoli di Rosarno, qualche mese dopo. Uno dei reati che mi hanno contestato è stato proprio questo, aver tentato di trattenere la giovane a Riace”, “abbiamo portato avanti le nostre idee per dare soprattutto lavoro agli immigrati e anche ai riacesi”.

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