Riace. Ex sindaco Mimmo Lucano condannato a 13 anni e due mesi. “Vicenda inaudita”

Agenpress – “E’ una vicenda inaudita, mi aspettavo un’assoluzione. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un’assoluzione”. E’ il primo commento di Domenico Lucano alla sentenza. “Grazie, comunque, lo stesso ai miei avvocati per il lavoro che hanno svolto. Io, tra l’altro, non avrei avuto modo di pagare altri legali, non avendo disponibilità economica”, ha aggiunto.

Lucano è imputato per associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. A leggere la sentenza è stato il presidente del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso, dopo una camera di consiglio che si è protratta per quattro giorni.

L’ex sindaco di Riace  è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione nel processo “Xenia”, svoltosi al tribunale di Locri, sui presunti illeciti nella gestione dei migranti. I giudici hanno quasi raddoppiato la sentenza contro Lucano rispetto a quanto chiesto dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi).

La corte presieduta dal giudice Fulvio Accurso ha così confermato e anzi aggravato le teorie dell’accusa, secondo cui il sindaco aveva messo in piedi un sistema criminale dietro il modello passato alla cronaca come “il paese dell’accoglienza” e dell’integrazione. Diversi i reati commessi: abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica, turbativa d’asta, peculato e malversazione a danno dello Stato.

Uno scandalo iniziato nel 2018: Lucano finì in carcere perché accusato di essere il promotore di una associazione a delinquere responsabile di “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), orientando di fatto l’esercizio della funzione pubblica del Viminale e della prefettura di Reggio Calabria.

Siamo nella galassia degli Sprar, Cas e Msna, la complessa macchina dell’accoglienza chiamata a rispondere all’emergenza sbarci e alla integrazione dei migranti costretti a restare a lungo sul suolo italiano. Lucano si offriva per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace. Mosso, scrive l’accusa nelle carte, da “interessi di natura politica”.

Sfruttava cioè l’arrivo dei migranti per far lavorare i cittadini di Riace nel ricco e fiorente business dell’accoglienza ricevendo, “quale contraccambio, un sostegno politico elettorale”.

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