Libertà e responsabilità dovranno guidare la riapertura, ispirata, come chiedono i Governatori, a una logica di uguaglianza, non di uniformità. Bisognerà trattare in modo diverso fattispecie diverse, e calibrare le riaperture non sulla lotteria dei codici ATECO, ma sulla verifica dell’ effettiva capacità delle singole aziende di rispettare criteri sanitari adeguati. La seconda lezione riguarda i limiti della globalizzazione. La pandemia ha evidenziato i rischi economici ed ambientali che l’ internazionalizzazione della produzione porta con sé. Lo stesso concetto di prodotto strategico è cambiato. Affidare ad altri paesi l’ intera produzione di determinati beni può presentare un conto salato (si pensi ad esempio alle mascherine). Si andrà verso un accorciamento delle filiere e un ribilanciamento del modello di crescita sulla domanda interna. Il reshoring si presenterà in molti casi come scelta naturale. Ma questa evoluzione dovrà essere accompagnata da un radicale cambiamento nel patto fra Stato e imprese.
Occorre creare un ambiente attrattivo semplificando gli adempimenti fiscali. Nella fase dell’ emergenza Pace fiscale e Pace edilizia permetteranno di recuperare risorse e deflazionare il contenzioso, facilitando la ripartenza di cittadini e imprese. Andranno poi realizzate la flat tax al 15% e una riforma del processo tributario incardinata sul principio di inversione dell’ onere della prova. Andrà valorizzata e promossa l’ Italia dei distretti, che dal Nord al Sud sono il motore del “made in Italy”, e che sono stati il primo esempio spontaneo di “economia circolare”. La difesa della salute e dell’ ambiente passa anche attraverso un consumo consapevole, che sappia privilegiare la qualità del prodotto italiano.
E poi c’ è l’ Unione Europea. La terza lezione della crisi riguarda proprio l’ efficacia della dimensione sovranazionale nell’ affrontare sfide globali come la crisi pandemica, e prima quella migratoria. A due mesi dall’ inizio della crisi quello lo strumento di intervento annunciato come risolutivo, lo European Recovery Fund, ancora non è definito. L’ UE in teoria offre “potenza di fuoco”, ma in pratica la sua enorme burocrazia la condanna ad arrivare a guerra finita. Di converso, l’ emergenza ha valorizzato il ruolo di amministratori locali consapevoli delle caratteristiche dei territori e forti di un rapporto di lealtà e fiducia reciproca con le proprie comunità. A livello nazionale, come a livello europeo, un nuovo patto fra amministrazione e cittadini deve ripartire da una compiuta realizzazione del principio di sussidiarietà. In Europa la Lega sostiene la richiesta dei più autorevoli economisti mondiali: la Bce intervenga con un nuovo “whatever it takes”, prima che il tessuto economico e sociale dell’ Unione si laceri ulteriormente e in modo irreparabile. Anche a Bruxelles il dogma dell’ indipendenza della Banca centrale deve lasciare spazio al pragmatismo: condizioni eccezionali richiedono rimedi eccezionali, come il finanziamento monetario dei necessari interventi.
Un nuovo patto fra Stato e cittadini non può comunque prescindere dal dovere di protezione, che è la legittimazione prima dello Stato moderno. Se l’ Unione con le sue istituzioni rifiutasse di fare quanto indispensabile per la salvezza delle economie degli Stati membri, sarebbe stata lei a spingere questi Stati su strade diverse per assicurare la sicurezza economica, il benessere e la pace sociale dei propri cittadini.
L’ evento eccezionale che stiamo vivendo ci offre una opportunità: quella di ripensare le regole che governano la nostra società e la nostra economia. Se sapremo cogliere questa opportunità l’ Italia potrà tornare grande all’ insegna della libertà di fare, di creare, di produrre.
Matteo Salvini