Clan Gambacurta, Codici: condannare non basta, per sconfiggere la criminalità lo Stato deve presidiare il territorio

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AgenPress. Ha fatto scalpore, e non poteva essere diversamente, la richiesta avanzata dalla Procura di Roma per la condanna nei confronti dei membri del clan Gambacurta, attivo a Montespaccato, zona a nord della capitale. Un processo che vede impegnata, in qualità di parte civile, l’associazione Codici, che ha chiesto la condanna di tutti gli affiliati al sodalizio criminale.

“Parliamo di accuse pesanti – sottolinea Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – dall’associazione a delinquere finalizzata all’usura allo spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, il tutto aggravato dal metodo mafioso. Da più parti viene enfatizzata la richiesta di 544 anni di carcere per i membri del clan Gambacurta, ma a nostro avviso tutto questo clamore rischia di distogliere l’attenzione dal tema centrale”.

È fuori luogo dire che è stata fatta giustizia – aggiunge Carmine Laurenzano, avvocato di Codici – perché se è vero che le richieste di condanna sono importanti, come i 30 anni per il capo del sodalizio criminale, è altrettanto vero che l’allarme criminalità nella capitale è tuttora altissimo. Con gli arresti degli ultimi anni si è creato un vuoto che nuove bande stanno cercando di riempire e questo è il nodo centrale della questione: chi ha occupato il posto del clan Gambacurta? È necessario presidiare il territorio. Bisogna vigilare, mantenere la guardia altissima, altrimenti si lascerà campo alla malavita, con i cittadini abbandonati al loro destino”.

Pensare che la criminalità organizzata si sia volatilizzata sarebbe sbagliato oltre che superficiale – conclude Giacomelli – è adesso che inizia la vera sfida dello Stato, che deve riappropriarsi dei territori liberati dalla malavita. L’attività di controllo e contrasto è importante, ma non basta. Serve anche un’azione decisa e capillare di prevenzione e di aiuto nei confronti dei cittadini in difficoltà, che devono percepire lo Stato come un alleato vicino, non un’entità astratta e lontana. Se non si capisce questo, se non si interviene in questa direzione, fare processi con decine di imputati risulterà inutile, perché alla fine il potere dei clan sarà soltanto scalfito”.

 

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