AgenPress. Nel 2022 gli investimenti crescono al Sud più che al Nord: +12,2% contro il +10,1%. Lo rileva la
Svimez nelle anticipazioni del Rapporto 2022 dove sottolinea come nel Mezzogiorno, però, a spingere la crescita siano soprattutto quelli nel settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e interventi finanziati dal Pnrr).
La crescita degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva è invece inferiore di tre punti a quella del Centro-Nord (+7% contro +10%).
“Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), Il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del PNRR. Nel 2023, il Pil dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di punto: +1,9% al nord contro il +1,3% del Sud”.
Nel 2022, la maggiore crescita del Pil si registrera’ in Trentino Alto Adige, a +6%; a livello piu’ basso della classifica Molise (+1,7%) e Calabria e Umbria (+1,9%).
Prime sono Emilia Romagna (+4,7%) e Veneto (+4,1%).
Nel 2023 Svimez stima una performance migliore per Liguria (+2,2%) e Valle d’Aosta (+2%); appena sopra lo zero la crescita di Calabria (0,1%), Molise (+0,4%) e Sicilia (+0,7%). Nel 2024 bene Lombardia ed Emilia Romagna (+2,3%) e sempre debole il Pil di Calabria (+0,4%), Molise (+1%) e Sicilia (+1%).
“Sia in riferimento al solo 2022, che nei due anni successivi – si legge nella anticipazioni del Rapporto – le previsioni Svimez indicano, sotto il profilo territoriale, una crescita che tocca tutti i territori, ma in maniera differenziata. Il nucleo delle regioni “forti”, sia al Centro-Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto) che al Sud (Abruzzo, Campania, Puglia), al di la’ di qualche scostamento
congiunturale, tende a permanere nelle posizioni piu’ avanzate.
Poiche’ gli anni coperti dalle previsioni si caratterizzano per misure di politica economica significative, se ne deduce che queste diffondono la crescita un po’ ovunque, ma non intaccano i meccanismi (strutturali) alla base delle diverse performance regionali (cio’ richiede, ovviamente, un arco temporale ben maggiore di quello previsto dal PNRR)”.
Nell’ultimo decennio 2012-2021 emerge che su circa 46.277 opere monitorate e concluse, il 49,6% riguarda Infrastrutture sociali (di cui: infrastrutture scolastiche (40%), abitative (6%), sport e tempo libero (14%), beni culturali (8%), sanitarie (4%), direzionali e amministrative (5%), culto (1,6%) e altre (20%)); al Sud tale quota sale al 53%.
“Si tratta di un ambito di intervento decisivo per raggiungere gli obiettivi di coesione territoriale previsti dal PNRR. Rispetto al dato nazionale (1.007 giorni), i comuni del Mezzogiorno impiegano mediamente circa 450 giorni in più per portare a compimento la realizzazione delle infrastrutture sociali. Considerando le tre fasi progettuali delle opere (progettazione, esecuzione e conclusine dei lavori) il Mezzogiorno presenta in tutte le fasi evidenti ritardi rispetto al Centro e alle aree Settentrionali. Oltre 300 giorni di ritardo si accumulano nella fase di cantierizzazione (esecuzione)”.
Se gli enti locali del Mezzogiorno non dovessero invertire il trend e rendere più efficiente la macchina burocratica necessaria all’affidamento dell’appalto, all’apertura del cantiere e alla realizzazione dei lavori, avrebbero dei tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 31 agosto 2026.