AgenPress. Ringrazio dell’invito a un Forum che si presenta di grande interesse. È una occasione per dibattere su eccellenze della nostra esperienza produttiva, sulla crescita delle competenze professionali che l’hanno accompagnata. Induce a guardare alla strada percorsa sin qui. Una strada di continua e crescente garanzia di alta qualità.
Chi non è più giovane ricorda la triste vicenda del metanolo quasi 40 anni fa, con vittime, invalidità permanenti, tanti intossicati. Allora Governo e Parlamento intervennero con decisione, modificando regole di tutela ma a prendere coscienza furono soprattutto gli operatori del settore che, con la loro azione – con l’enologia divenuta una scienza – hanno assicurato immagine e prestigio al settore vitivinicolo.
I vostri sono settori consapevoli di quanto l’impegno verso la qualità, con la salubrità degli alimenti, rechi beneficio ai comparti agricoli italiani, incrementando il valore delle produzioni, aprendo mercati all’estero, conquistando a vino e olio, in particolare, la responsabilità di rappresentare, nel mondo, un modo di essere italiani.
Contribuendo alla stessa domanda di Italia nel mondo. L’agroalimentare, oggi – accanto alla cultura, al design, alla tecnologia – costituisce veicolo e attrattiva del modello di vita italiano.
L’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva, l’export registra un valore di circa 3 miliardi di euro. Per quanto riguarda il vino, con un valore dell’imbottigliato che, nel 2024, ha superato i 14 miliardi di euro; con un export di quasi 8 miliardi che, per il 90%, si esprime nelle denominazioni di qualità. Conoscete bene queste cifre: ne siete protagonisti. Io desidero sottolineare il significato di queste tendenze positive, perché si riassumono nella manifestazione di qualità.
Filiere, quindi che mettono insieme territori, saperi, professionalità, sostenibilità e salubrità, capacità di marketing e realizzano, così, un valore immateriale che va oltre gli addetti ai lavori, gli stessi consumatori, generando beni comuni. Elementi vitali per comunità gravate, spesso, nel secondo dopoguerra, dal fenomeno dell’abbandono delle terre. Dunque anche il valore del recupero di vita per le aree rurali e interne del nostro Paese. Produrre significa, infatti, abitare un luogo, averne cura.
Questo è un merito di grande rilievo per chi vi si dedica. Tra di loro, le donne imprenditrici, i giovani che guardano alle campagne come opportunità, le strutture cooperative, sovente a servizio delle filiere vinicole e oleicole. Lo sviluppo di cui potete nutrire orgoglio si è verificato perché avete avuto la capacità di guidare l’innovazione, così importante in agricoltura. Avete saputo mettervi insieme, misurarvi con la crescente dimensione internazionale, senza timore di mercati prima sconosciuti e in cui, oggi, i prodotti italiani sono leader.
Il futuro non si costruisce vivendo di nostalgie. Varrebbe anche per gratuite tentazioni di nostalgia alimentare: oggi i cibi sono sicuramente più salubri e controllati di un tempo. I progressi avvengono raramente per caso. Sono, piuttosto, frutto di intuizione, studio, determinazione, impegno, capacità di operare facendo sistema. L’agricoltura non fa eccezione.
E, se oggi possiamo parlare di “Dop economy”, lo dobbiamo alle scelte di ammodernamento operate agli albori della Repubblica e alla nascita delle Comunità Europee.
Si valuta che i prodotti Dop, cibo e vino, valgano intorno ai 20 mld di euro (il 20% dell’intero fatturato agro-alimentare) di cui larga parte alimenta le correnti export, metà delle quali, a loro volta, sono rivolte fuori dalla Unione Europea.
Sappiamo che la nostra Costituzione è l’unica del suo tempo a dedicare un articolo al settore primario e alle condizioni necessarie a promuoverne lo sviluppo: l’art. 44.
Il Trattato di Roma del 1957 che diede vita a quelle allora chiamate Comunità Europee, all’art.39, poneva per la futura agricoltura del continente, gli obiettivi di:
- incrementare la produttività agricola;
- assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, con il miglioramento del reddito di coloro che lavorano in agricoltura;
- stabilizzare i mercati;
- garantire sicurezza degli approvvigionamenti;
- assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.
Così l’agricoltura divenne – e rimane – un motore dell’integrazione europea – non elemento di retroguardia da sussidiare – essendo, al contrario, una chiave per politiche, oltre che produttive, volte alla salvaguardia della salute dei consumatori e alla promozione dei territori e delle popolazioni in essi insediate.
I risultati di quelle scelte politiche sono sotto gli occhi di tutti: l’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea con prodotti agricoli espressamente indicati come meritevoli di tutela: 856 possono avvalersi di questo scudo. I risultati sono rilevanti anche sul piano sociale.
I dati parlano di 330.000 occupati nella filiera del vino, di 110.000 occupati in quella dell’olio d’oliva.
E’ facile indicare di chi sia il merito di tutto questo: è anzitutto degli agricoltori, impegnati direttamente nella conduzione delle loro aziende.
Vorrei aggiungere, tuttavia – ho citato le esperienze cooperative – anche l’elemento associativo dei Consorzi di tutela. Sono oltre trecento quelli, promossi dagli operatori, che giocano un ruolo cruciale nella gestione delle indicazioni di provenienza e qualità, garantendo la protezione, la salubrità, la promozione e la valorizzazione di prodotti che rappresentano le eccellenze italiane, a livello sia nazionale sia internazionale. Vorrei aggiungere il vissuto dei territori e le capacità di rappresentarlo. Vorrei proseguire facendo riferimento alle intuizioni che hanno orientato questo processo.
Poc’anzi, Angelo Gaja ha citato il nome di Paolo Desana, senatore della Repubblica, promotore della legge che, nel 1963, diede il via alla tutela delle denominazioni vinicole.
Desana, – internato militare italiano nei lager tedeschi per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò dopo l’8 settembre 1943 – fu espressione del Monferrato – terra a schietta vocazione vinicola – e protagonista di una battaglia parlamentare che definì l’impianto legislativo, poi riassunto a livello europeo.
Desana fu, altresì, colui che propiziò la prima riflessione organica sulle aree collinari nel dopoguerra, con il convegno nazionale convocato a Cerrina Monferrato nel 1955. Alla sua azione e alla sua figura va reso omaggio.