Prof. Foad Aodi: “Valorizzare le competenze senza generalizzare: premiamo la formazione e l’integrazione, non le penalizziamo”
AgenPress. “Da sempre chiediamo alla Commissione Europea e agli Stati membri di facilitare l’ingresso e il riconoscimento dei professionisti della sanità stranieri, senza però rinunciare a controlli seri e trasparenti. Ma attenzione: non si può generalizzare né colpire indiscriminatamente chi è preparato, formato e già integrato nel nostro sistema sanitario”.
A lanciare l’allarme sono AMSI – Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, UMEM – Unione Medica Euromediterranea, AISC NEWS – Agenzia Internazionale per l’Informazione, e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, attraverso i rispettivi direttivi e con l’intervento del Prof. Foad Aodi, fondatore delle suddette organizzazioni, direttore dell’AISC, esperto in salute globale, membro del Registro Esperti FNOMCeO, quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e docente all’Università di Tor Vergata.
Professionisti sotto attacco: serve lucidità, non allarmismo
Il Prof. Aodi interviene con fermezza sulla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione Europea contro 14 Paesi, tra cui l’Italia, accusati di non aver ancora recepito in modo corretto la direttiva comunitaria per il riconoscimento dei titoli di infermieri romeni conseguiti prima del 2007.
“Ci sono università che purtroppo non rispettano i requisiti formativi minimi, ma questo non significa penalizzare un’intera categoria. Serve equilibrio e valutazioni puntuali, non generalizzazioni che colpiscono anche i professionisti più preparati e motivati”.
Aodi lancia un appello forte: “Non possiamo permetterci il lusso di respingere chi può aiutare a colmare la più grave carenza di personale sanitario mai vissuta nel nostro Paese. Stiamo pagando anni di disattenzione politica verso la sanità pubblica. Riaprire vecchie ferite burocratiche significa aggravare una situazione già critica”.
I numeri parlano: servono più professionisti, non meno
Alla data del 30 aprile 2025, in Italia operano circa 43.600 infermieri stranieri, con i romeni al primo posto: oltre 12.000. Tuttavia, oltre 11.000 tra infermieri e fisioterapisti formati all’estero non lavorano nel nostro sistema sanitario: il 25% ha ricevuto un rigetto formale, mentre il restante 75% non ha mai presentato domanda, scoraggiato da lungaggini, burocrazia, costi elevati e sfiducia verso le istituzioni.
“Non possiamo più permetterci rigidità e discriminazioni – avverte Aodi – se vogliamo davvero una sanità pubblica equa e funzionante. I professionisti romeni, a differenza di altri gruppi come polacchi e albanesi, hanno dimostrato grande tenacia nel rimanere e contribuire. Ma continuando a negar loro dignità professionale, rischiamo che tornino nei Paesi d’origine”.
Europa e contraddizioni: tra diritto e ostacoli
La direttiva europea prevede un percorso agevolato di inserimento per gli infermieri romeni diplomatisi prima del 2007, purché abbiano completato un corso di aggiornamento. Tuttavia, molti Stati – Italia compresa – non hanno ancora attivato meccanismi adeguati di riconoscimento.
Bruxelles ha concesso due mesi di tempo per regolarizzare la situazione. In caso contrario, si passerà alla seconda fase della procedura, con possibile deferimento alla Corte di Giustizia e sanzioni economiche.
“È il momento della responsabilità – dichiara Aodi – non possiamo più nasconderci dietro tecnicismi. Serve un cambio di passo, con regole chiare, trasparenti e senza discriminazioni. Non chiediamo scorciatoie, ma giustizia e rispetto per chi ha studiato, lavora e si è già integrato con professionalità”.
Confronto europeo: l’Italia resta indietro
Secondo i dati AMSI aggiornati
• Irlanda: circa 52% di infermieri formati all’estero
• Regno Unito: circa 34%
• Svizzera: 30–35%
• Francia e Germania: meno del 10%
• Media europea: 11% (nel 2011 era appena il 5%)
In Italia, nonostante l’aumento delle assunzioni grazie al Decreto Cura Italia e al Decreto Ucraina, il fabbisogno resta altissimo, aggravato da pensionamenti, dimissioni e fuga di giovani medici e infermieri all’estero.
Appello finale: una scelta di civiltà
Le organizzazioni AMSI, UMEM, AISC NEWS e Uniti per Unire chiedono al Governo italiano e alla Commissione Europea di scegliere una strada realista, umana e lungimirante.
“Non possiamo trattare il riconoscimento dei titoli sanitari come una minaccia. È una risorsa. È una battaglia per i diritti e per la salute pubblica. E se oggi non premiamo la preparazione, la dedizione e l’integrazione, domani ne pagheremo il prezzo in termini di efficienza sanitaria, sicurezza e coesione sociale.
Aodi ringrazia nell’occasione i vertici della FNOPI e ribadisce il suo apprezzamento per l’impegno della Federazione e della dott.ssa Mangiacavalli, per l’apertura e la collaborazione con i nostri movimenti AMSI, Uniti per Unire e Umem, per salvaguardare e tutelare tutti i professionisti e gli infermieri che esercitano in Italia, e inoltre per affrontare tutte le criticità già sollevate da noi e citate anche nella giornata del 12 maggio.