Leone XIV: “Gesù può guarire la tristezza umana”

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AgenPress. La tristezza, malattia del nostro tempo, “invasiva e diffusa”, che “accompagna le giornate di tante persone”, “sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda”, che permea l’interiorità e “sembra prevalere su ogni slancio di gioia”, che “sottrae senso e vigore alla vita”, la quale “diventa come un viaggio senza direzione e senza significato”, Gesù può guarirla, assicura il Papa.

Lo dimostra l’episodio dei due discepoli di Emmaus, che dopo la crocifissione e la sepoltura di Gesù, “delusi e scoraggiati” partono da Gerusalemme “lasciandosi alle spalle le speranze riposte” nel Maestro. In loro emerge proprio quella “tristezza” che scaturisce dalla “fine del traguardo su cui si sono investite tante energie” e dalla “distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita”, fa notare il Pontefice. La conseguenza è che “la speranza” svanisce e “la desolazione” prende “possesso del cuore”. È quanto accade ai discepoli di Emmaus, che paradossalmente compiono “questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario” nello “stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua”; “danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce” cui hanno assistito e rimasto “impresso … nel loro cuore”, per loro tutto è “perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso”.

A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato.

Gesù non è risorto a parole, ma con i fatti, con il suo corpo che conserva i segni della passione, sigillo perenne del suo amore per noi. La vittoria della vita non è una parola vana, ma un fatto reale, concreto. La gioia inattesa dei discepoli di Emmaus ci sia di dolce monito quando il cammino si fa duro. È il Risorto che cambia radicalmente la prospettiva, infondendo la speranza che riempie il vuoto della tristezza. Nei sentieri del cuore, il Risorto cammina con noi e per noi.

Cristo, dunque, “testimonia la sconfitta della morte, afferma la vittoria della vita, nonostante le tenebre del Calvario”, sottolinea il Papa, per questo “la storia ha ancora molto da sperare in bene”. Dunque, “riconoscere la Risurrezione significa cambiare sguardo sul mondo”, da qui, in conclusione, l’invito del Pontefice a restare “vigili ogni giorno nello stupore della Pasqua di Gesù risorto” che “rende possibile l’impossibile”.

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