Coronavirus. Sileri. “Calcio? Finché positivi in una sola squadra non c’è bisogno di fermare il campionato”

AgenPress – “Se c’è una squadra con molti positivi, quella squadra ovviamente avrà dei problemi per giocare, ben diverso è avere altri positivi in tutte le altre squadre. Al momento il rischio di sospensione del campionato non c’è, perché il problema riguarda un’unica squadra. Se solamente una squadra ha questi problemi, bisognerà trovare una soluzione per quella squadra, se invece dovessero esserci tanti positivi in tante squadre allora il problema è più ampio”.

Così Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute,  intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus sulla situazione del campionato di calcio.

“Non credo che oggi debba essere sospeso il campionato, a meno che non si trovino nei prossimi giorni altri positivi in altre squadre. Giocare al calcio è un lavoro e comporta dei rischi, il rischio non potrà mai essere zero. Chi gioca a calcio ha un contatto fisico che pone un certo grado di rischio, i giocatori hanno accettato questo rischio. Bisognerebbe però evitare i contatti non necessari, come gli abbracci durante le esultanze. Anche in politica, qualcuno avrà esultato perché è andato al ballottaggio per le elezioni comunali e ho visto colleghi che si sono abbracciati contenti, questa cosa non si può fare, non va fatta. Bisogna evitare il più possibile le occasioni di rischio. Anche i pranzi in famiglia pongono dei rischi, dobbiamo imparare a mantenere un po’ le distanze. Basta un po’ di buon senso, non dico di tenere la mascherina quando si fa un pranzo in famiglia, ma cercare di limitarsi e usare il buon senso”.

Il vaccino anti-influenzale protegge anche dal covid? “Un lavoro scientifico dice che laddove c’era più alta vaccinazione anti-influenzale minori sono stati i ricoveri e i casi gravi. Questo è ipotizzabile ma non è sicuro. La cosa sicura è che la vaccinazione anti-influenzale riduce la mortalità per tutte le complicanze dovute al virus influenzale. Si parla di carenza del vaccino, ma intanto bisogna dire che l’aderenza è solitamente inferiore al 16%. Solamente poco più del 50% degli over 65 fa il vaccino. Anche se dovesse esserci un raddoppio di queste percentuali, la disponibilità di vaccini è tanta, tuttavia si sta lavorando per incrementarla. L’unica cosa che farei è quella di rendere più vaccini disponibili per le farmacie. Se molti vaccini non vengono somministrati, tanto vale che una percentuale venga data direttamente alle farmacie, così non vengono sprecati e chiunque non è nella fascia degli over 65 e delle persone fragili può trovare il vaccino disponibile in farmacia. Se sappiamo che il 5-10% dei vaccini di solito torna indietro, stimiamo una quota più bassa del 5% e diamolo alle farmacie. Dopo due-tre settimane di campagna, se vedi che a fine ottobre l’aderenza non è così alta e rischi di avere dosi inutilizzate, allora rifornisci ulteriormente le farmacie. Bisogna fare in fretta, perché il vaccino deve essere fatto in queste settimane. Una percentuale soddisfacente di copertura vaccinale sarebbe il 75% sulla popolazione generale, ma non lo raggiungeremo mai. E’ chiaro che se già gli anziani dal 50% passassero all’80-90% sarebbe già un grande successo, così come se la popolazione generale passasse dal 16% al 30%. Noi andiamo incontro ad un autunno-inverno rischioso dal punto di vista del sovraccarico del servizio sanitario nazionale, non per il covid, per il quale secondo me la situazione è sotto controllo, ma per la diagnosi differenziale. Se oggi uno ha il raffreddore e un po’ di febbre entra in una diagnosi differenziale e fare il vaccino ridurrà notevolmente i dubbi diagnostici e dunque il sovraccarico in termini di ricoveri e di attese”.

Sul Mes. “Il Mes potrebbe essere un’ottima soluzione se non vi fosse un trattato alle spalle con degli articoli che potrebbero in futuro porci dei problemi. Non si tratta di un no categorico e di bandiera, si tratta di un ragionamento sul fatto che questo Mes potrebbe crearci dei problemi in futuro magari costringendoci a dei tagli proprio sulla sanità o in altri settori come la scuola. Non vorrei, dopo aver preso questi soldi, ritrovarmi fra qualche anno nella condizione di dover fare tagli. E’ chiaro che se dovesse cambiare il trattato allora sarebbe un altro discorso”.

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