AgenPress. Le pagelle dell’On. Gianfranco Rotondi vicepresidente del gruppo FI alla Camera e presidente della Fondazione Dc.
Al premier Mario Draghi non si può dare un voto altissimo, che sicuramente conquisterà nelle prove successive. E’ l’alunno nuovo con la presentazione da Oscar dei professori precedenti: uno si aspetta prove da urlo, e di fronte a una resa pure ottima il meno prevenuto degli insegnanti si fa scappare ‘mi aspettavo di più’. E ’stato detto della resa oratoria modestina, ma questo potrà essere ribaltato in merito. In fondo la gente vuole che parlino i fatti.
CONTE: 9
E’ stato la vittima di una congiura di palazzo, come Berlusconi nel 2011. Per nostra fortuna non è stato necessario scomodare lo spread e gli speculatori internazionali, sono bastate le dimissioni della Bellanova e della Bonetti. L’avvocato poteva prodursi in una arringa a propria difesa, in una intervista – sfogo al curaro, in un dispetto a distanza non impossibile a chi ha gestito il governo. Niente di tutto ciò: ha lasciato palazzo Chigi sorridendo al successore. Gentiluomo o furbissimo. O tutt’e due.
BERLUSCONI: 9
Si riprende la scena, riposiziona Forza Italia al governo, trascina Salvini fuori dal populismo, riacquista di fatto la leadership del centrodestra. Sparisce solo al momento della nomina dei ministri, e per questo non raggiunge il dieci: quel telefono staccato gli procurerà turbolenze non da poco nel partito
RENZI : 6
Non si può negare la sufficienza a un alunno che riesce sempre a catalizzare l’attenzione generale su di sé, vero e unico protagonista di una crisi di governo firmata e voluta da lui. Per il resto, un disastro: sacrifica la bravissima Bellanova, perde peso nel governo, non cresce nei sondaggi, e consolida la fama del mangiatore di governi che non presiede.
DI MAIO: 8
Bravo, bravissimo: si siede per la terza volta su un ministero di serie A, e per la seconda sulla poltrona numero due del governo. Ma nel suo movimento nessuno crede che sia stato estraneo alla giubilazione di Conte. Dovrà essere abile a gestire i contraccolpi.
SALVINI: 10
Tutti ridono del suo voltafaccia, ma c’è poco da ridere. Salvini era finito su un binario morto, a cianciare di migranti (argomento fuori traccia), a marcare a destra della Meloni (più a suo agio in quel recinto) e a invocare elezioni più improbabili di una nuova apparizione di Fatima. Si è rimesso in gioco, stupendo e destabilizzando, come solo un grande leader sa fare. Rischia tutto, e lo sa. Perciò merita un dieci di incoraggiamento.
MELONI: 10
Il massimo dei voti anche alla Meloni, situazionista ma con ampio respiro: sceglie la via facile della rendita di opposizione, ma lo fa con garbo e sguardo lungo, meritandosi persino l’apprezzamento di un santo laico della sinistra come Riotta che preconizza per Giorgia la leadership della destra.
ZINGARETTI: 8
Pochi sarebbero così generosi con un allievo che rende sempre male alle interrogazioni: era partito con ‘Conte o elezioni’ ed è finito a sostenere il banchiere con mezzo governo Conte senza Giuseppi. Ma non è colpa di Zingaretti se dirige un partito che dove lo metti è contento purché nei dintorni del governo.