Renzi: “Contro di me tanto odio ma lo rifarei. Conte alla guida dei 5S? Autogol di Zingaretti”

AgenPress. Senatore Matteo Renzi, lei parla di vaccini, di giustizia, o d’altro, per non rispondere alle critiche per i suoi rapporti con l’Arabia Saudita?
«È vero il contrario. Stanno strumentalizzando la tragedia di Kashoggi perché non hanno altro a cui aggrapparsi in Italia. Nel merito ho risposto su tutti i giornali, dal Financial Times a Le Monde: ciò che faccio può essere discusso da chiunque, ma è perfettamente lecito, pubblico e legittimo. La questione saudita è stata posta da quel noto statista di Di Battista, uno che apprezzava Maduro e definiva Obama golpista e non capisce che l’Arabia è il baluardo contro il fondamentalismo. E ovviamente dai più rancorosi del Pd. Credo di essere la loro ossessione. Se parlassero un po’ più di idee e un po’ meno di me, ci guadagnerebbero almeno in salute».

Il più duro, però, è stato uno degli esponenti di primo piano di Magistratura Democratica, Nello Rossi. È arrivato a dire che bisognerebbe «stringere un cordone sanitario» intorno a Matteo Renzi…
«Nello Rossi è uno degli esponenti più in vista di Magistratura democratica. Si può dire che ne è stato l’ideologo. Un personaggio che ha un lungo passato come magistrato. Ascoltatissimo ed influente non solo nella sua corrente. Non so, andrebbe approfondito, se nella sua carriera è mai venuto in contatto con il cosiddetto “sistema Palamara”, quello raccontato nel libro scritto con Sallusti. Ebbene, l’uso dell’espressione “cordone sanitario” nei confronti di una persona che ha un ruolo nelle istituzioni parlamentari, che ricopre una carica importante in un partito della maggioranza di governo e che in passato è stato anche presidente del Consiglio, lo trovo a dir poco allucinante. Resto allibito ma non sorpreso, perché avverto un clima di odio e di rabbia che cova in una parte dell’establishment di questo Paese rimasto legato agli equilibri del governo passato che non si dà per vinto…».

I cosiddetti Orfani di Conte. Quei mondi che avevano trovato spazio nel governo passato e lo hanno protetto. C’erano anche pezzi della magistratura più interventista: dagli eredi delle toghe rosse, ai seguaci del rito Davigo.
«Ho letto quello che lei ha scritto sugli orfani del governo Conte e della maggioranza giallorossa. Non so se è così. So, però, per esperienza, che l’equilibrio dei poteri nel nostro sistema democratico è messo a dura prova. Sono e sarò sempre un grande difensore dell’autonomia della magistratura, ma oggi penso che sia a rischio l’autonomia della politica. Pensi soltanto all’inchiesta in cui sono indagato sulla fondazione Open: non è in discussione la dazione di denaro, che è trasparente e rendicontata, ma le modalità di associazione e di partecipazione alla politica. Non indagano sui soldi, ma su cos’è un partito oggi. Sono cose che fanno pensare. E anche ora sento un clima d’odio nei miei confronti, la rabbia per quello che è accaduto. Un desiderio di vendetta da parte di chi considerava il governo Conte un punto d’arrivo da difendere ad ogni costo. Eppure, malgrado tutti questi segnali di ostilità di cui sono stato oggetto quando ho mandato a casa Conte, ebbene, io lo rifarei non una, non dieci, ma cento volte. Perché l’unica bussola che perseguo è L’interesse del Paese e quell’equilibrio politico non lo salvaguardava. Per cui possono inviarmi tutte le minacce, in chiaro o sottintese, che vogliono, non mi scalfiscono se penso di essere nel giusto. Io non ho paura».

La storia di questo Paese degli ultimi venti anni, però, insegna che le inchieste giudiziarie, servono anche a far saltare governi, a cambiare degli equilibri politici o a consolidarne altri. Ci vuole un nonnulla oggi per far esplodere i 5 Stelle sull’argomento giustizia. Esiste questa eventualità?
«Non credo che si corra questo rischio. I 5 Stelle versano in una crisi profondissima che non sarà risolta dall’arrivo di Giuseppe Conte. Io sono felice per Conte, ma non penso che basti lui per tenere insieme e rimettere in piedi l’esperienza grillina. Semmai la scelta di Conte di accettare la guida del movimento rende ancor più palese la politica masochista del Pd e di Zingaretti. Si sono immolati sull’altare di Conte, mi hanno descritto come un nemico di classe per aver fatto cadere il governo guidato da lui, lo avevano indicato come il capo della coalizione giallorossa e ora se Io ritrovano leader dei 5 Stelle!? Leader di un partito concorrente. Non ho parole. Penso che sia stato il più spettacolare autogol nella storia della politica. Non ne sarebbe stato capace neppure un artista dell’autogol come Comunardo Niccolai. Appunto, a Zingaretti quest’anno daranno il premio Comunardo Niccolai».

Torniamo però alla giustizia. O, meglio, alla difesa dell’autonomia della politica. Draghi ha messo nelle sue priorità la riforma della giustizia civile, ma non sarebbe necessario guardare anche alla giustizia penale, dopo il giacobinismo di questi anni? È stata cancellata pure la prescrizione.
«Intanto mettiamo i puntini sulle “i”, la modifica della prescrizione è stato un errore del governo gialloverde. L’ha voluta la Lega. Detto questo, Mario Draghi ha un suo stile. Lo abbiamo visto su servizi segreti, sui vaccini, sul Recovery Plan. Quando deve decidere, decide. Sono certo che se ci sarà discontinuità anche sulla giustizia penale, anche sulla prescrizione, diamo tempo al tempo, senza ansia arriveremo anche ad affrontare questi problemi. Anche perché in questo Parlamento c’è già una maggioranza garantista».

Pure su Arcuri Draghi ha tergiversato un po’ ma alla fine è arrivato al punto.
«Lei non si accontenta mai, io invece sono molto felice che una delle nostre battaglie storiche, cioè quella di rimuovere Arcuri e sostituirlo con le professionalità dell’esercito, sia stata fatta propria da Draghi. Il motivo c’era. Giudico uno scandalo, ad esempio, che ci siano più di un milione di dosi di vaccini non utilizzate. Si può polemizzare con l’Europa perché non ci sono i vaccini, ma intanto inoculiamo quelli che abbiamo. Alla fine di tutto, quando saremo fuori dalla pandemia, sarà indispensabile quella commissione di inchiesta parlamentare che noi abbiamo chiesto già un anno fa».

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