Scarcerazioni. Bonafede: si difende: “nessun condizionamento o inferteferenza su nomina capo Dap”

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Agenpress – Alfonso Bonafede si difende dagli attacchi ricevuti sulle scarcerazioni di boss durante il lockdown e la mancata nomina del magistrato simbolo della lotta a Cosa Nostra, Nino Di Matteo alla direzione dell’amministrazione penitenziaria.

“C’è un confine e un limite a tutto e per me, quel confine, in politica e fuori dalla politica, è rappresentato dalla mia onorabilità, nonché dal rispetto degli altri e della memoria di chi è morto per servire il Paese. Le immagini delle stragi di mafia buttate a caso tra un chiacchiericcio e un altro di improvvisati esperti antimafia, l’alone di mistero intorno al nulla per evocare inesistenti retroscena, sono tutte operazioni che mancano di rispetto proprio alle vittime di quelle stragi e ai loro familiari”.

“Si continuano a cercare possibili condizionamenti evocando, in modo più o meno diretto, i vari livelli istituzionali. Una volta per tutte: non vi fu alcuna ‘interferenza’, diretta o indiretta, nella nomina del capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Punto! Non sono disposto a tollerare più alcuna allusione: lo devo a me stesso ma lo devo prima di tutto alla carica istituzionale che mi onoro di ricoprire”.

“I due decreti legge approvati nel giro di una settimana rappresentano la migliore risposta dello Stato per garantire una stretta sulle richieste di scarcerazione e, contemporaneamente, riportare i detenuti davanti al giudice affinché, visto che il quadro sanitario è cambiato, vengano rivalutate tutte le questioni di salute”.

“E’ stata fatta una nomina, con la più ampia discrezionalità e senza alcun tipo di condizionamento. La trasparenza e la verità – ha proseguito – rappresentano sempre i migliori antidoti per dibattiti contaminati dalla menzogna e dalla malafede, dibattiti come quello degli ultimi 8 giorni aventi ad oggetto, per l’appunto, la nomina del capo DAP del 2018. Non mi riferisco alle parole del dottor Di Matteo: mi riferisco invece al fatto che su quelle parole pronunciate domenica 3 maggio 2020, il dibattito politico e mediatico ha generato una congerie di caotiche e vergognose illazioni e suggestioni istituzionalmente e personalmente inaccettabili”.

“Avevo pensato di riservare a Di Matteo il posto che fu di Falcone, ammetto che non ragionai sull’organigramma dei ruoli. Il dottor Di Matteo avrebbe avuto la possibilità di lavorare in via Arenula, al mio fianco. La mafia che vive di segnali, avrebbe visto solo che Di Matteo era dentro le istituzioni, al fianco del ministro della Giustizia. Appresi con sorpresa la decisione del dottor Di Matteo e lo informai che avevo già avviato le pratiche per il dottor Basentini”.

“Non vi fu alcuna ‘interferenza’, diretta o indiretta, nella nomina del capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Punto! Non sono disposto a tollerare più alcuna allusione: lo devo a me stesso ma lo devo prima di tutto alla carica istituzionale che mi onoro di ricoprire”, ha ribadito il Guardasigilli.

Una “congerie di caotiche e vergognose illazioni e suggestioni istituzionalmente e personalmente inaccettabili: c’è un confine e un limite a tutto e per me, quel confine, in politica e fuori dalla politica è rappresentato dalla mia onorabilità, nonché dal rispetto degli altri e della memoria di chi è morto per servire questo Paese. Ebbene, questo confine è stato ampiamente superato”, ha aggiunto  sottolineando che “le immagini delle stragi di mafia buttate a caso tra un chiacchiericcio e un altro di improvvisati esperti antimafia, l’alone di mistero intorno al nulla per evocare inesistenti retroscena, sono tutte operazioni che mancano di rispetto proprio alle vittime di quelle stragi e ai loro familiari”.

“Riguardo alle strumentalizzazioni che qualcuno vorrà ancora una volta fare in merito alle ormai note scarcerazioni, ricordo che sono state determinate da decisioni prese, in piena autonomia e indipendenza, dai magistrati competenti (nella maggior parte dei casi per motivi di salute), sui quali, ovviamente, non c’è stato alcun condizionamento da parte del ministero o del governo”, ha detto il ministro della Giustizia.

“Come noto, i due decreti legge approvati nel giro di una settimana rappresentano la migliore risposta dello Stato per garantire una stretta sulle richieste di scarcerazione e, contemporaneamente, riportare i detenuti davanti al giudice affinchè, visto che il quadro sanitario è cambiato, vengano nrivalutate tutte le questioni di salute”.

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