Agenpress – “Non ho mai avuto dubbi ad accettare l’incarico di direttore del Dap” che mi vebbe proposto dal Ministro, Alfonso Bonafede. Lo ha detto nel corso della sua audizione in Commissione Antimafia, Antonino Di Matteo, consigliere del Csm. Dopo aver ricordato che in quei giorni “51 detenuti al 41 bis chiesero di parlare con magistrato di sorveglianza per protestare contro la mia paventata nomina” ricordando la telefonata Di Matteo ha affermato che “al ministro dissi ‘sa che ci sono state reazioni in carcere?’ e lui mi disse, ‘sì,sì, ma non scendemmo in particolari. Nel corso della telefonata il ministro mi disse almeno tre volte ‘scelga lei’. Io gli dissi che l’indomani sarei stato a Roma e lui mi disse: scelga lei”.
“Il ministro telefonicamente mi disse che voleva farmi una proposta, che aveva pensato a me o come capo del Dap, e mi specificò che se avessi accettato la nomina avrebbe avuto effetti immediati, oppure come direttore degli Affari penali”.
Ma il secondo incarico, oltre che di livello inferiore, era già coperto. Il predecessore di Bonafede, Andrea Orlando, il 21 marzo 2018 – a elezioni già celebrate – aveva nominato per quel ruolo Donatella Donati. Che era lì, ancora con quell’investitura, ma il Guardasigilli – parole di Di Matteo – sperava di poterla convincere ad accettare un altro incarico. Il comando degli Affari penali, spiega il consigliere davanti ai parlamentari: “Poiché il ministro uscente aveva nominato dopo l’esito delle elezioni, la dottoressa Donati, mi sarebbe stato attribuito solo in un secondo momento, a settembre-ottobre. Sostanzialmente mi propose o di fare il generale subito e sicuro, oppure di accettare un ruolo futuro di capitano se il ministro avesse convinto la dottoressa donati ad abbandonare”.
“Io – ha ribadito Di Matteo – non ho mai avuto dubbi, già lo stesso pomeriggio ha riferito la telefonata a familiari ed amici. Stavo lavorando con il giornalista Saverio Lodato alla redazione di un libro pubblicato a settembre 2018 e gli dissi che non potevo lavorare e che non avevo alcun dubbio per accettare il Dap.
Il giorno dopo Di Matteo va in via Arenula, convinto ad accettare il Dap, ma Bonafede ha cambiato idea. Gli dice che preferisce Basentini. A quel punto il pm siciliano resta sorpreso. “Poiché mi disse più volte ‘scelga lei’ il giorno prima al telefono, e me lo disse per tre volte, io gli risposi: ‘domani le comunicherò la risposta. Venni a Roma il giorno dopo per comunicargli la scelta per capo del Dap. Io non avevo dubbi ad accettare quell’incarico. Ma ormai il Guardasigilli ha deciso: per Di Matteo, se vuole, ci sono solo gli Affari penali. Incarico neanche certo, che l’attuale consigliere del Csm rifiuta ufficialmente il giorno dopo
“Ci incontrammo alle ore 11, ho un ricordo nitido perché per me era una cosa importante, e dissi subito, meno di 24 ore dopo la proposta, accettavo l’incarico di direttore del Dap”.
Per due anni Di Matteo non dice nulla. “Se avessi avuto notizie di reato avrei avuto la sede per riferirle, ossia le procure della Repubblica, se avessi avuto elementi per ritenere che il ministro aveva cambiato idea perché indotto dai mafiosi lo avrei detto. In quel momento, l’idea che ho avuto è che il ministro non era in grado di valutare bene certe dinamiche della lotta alla mafia”.
“Sono accadute alcune cose che mi hanno indotto a parlare – ha spiegato – le rivolte dei detenuti, le scarcerazioni di detenuti per mafia, avevo letto sui media della circolare del 21 marzo, le dimissioni di Basentini e il fatto che iniziavano nuovamente a filtrare le voci di un incarico a me come capo del Dap”. Assicura che non parla per invidia, Di Matteo, ma che quel dietrofront del Guardasigilli non è stato un bel gesto. Che c’è rimasto male: “Quale segnale si dà indirettamente alla mafia? Tu ti rivolgi a un magistrato, c’erano i giornali pieni in quei giorni, mi fai venire lì e poi cambi idea? non è stato un segnale molto bello…”.