AgenPress. L’Oipa Italia sta valutando di procedere in sede giudiziaria al fine di accertare i fatti e l’eventuale sussistenza di una responsabilità penale per l’uccisione dello squalo mako (Isurus oxyrinchus) catturato nel tratto di mare non lontano dall’area protetta delle secche della Meloria.
Lo squalo mako è inserito nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) come endangered, cioè a rischio d’estinzione ed è tra le specie di squali protette dalle Convenzioni internazionali Cites di Washington e quella di Barcellona. L’esemplare era lungo circa un metro per 20 chili di peso ed è il secondo mako catturato e ucciso in meno di due mesi: alla fine di maggio un altro ne fu pescato al largo di Catania e finì illegalmente nel mercato alimentare.
«E’ l’ennesima vittima della pesca cosiddetta ‘accidentale’, che uccide non solo i pesci destinati all’alimentazione, ma anche mammiferi marini e specie rare e in via d’estinzione, come in questo caso», commenta il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. «Lo squalo mako, come altre specie marine a rischio, è in declino proprio a causa della pesca, oltre che per la distruzione degli habitat e dell’inquinamento. Secondo la Lista Rossa del Mediterraneo, almeno il 53% degli squali, delle razze e delle chimere originarie del nostro mare è a rischio estinzione. In un contesto dove la biodiversità è gravemente minacciata e sono considerate in pericolo 49 specie, tra cui il delfino comune, il capodoglio, la tartaruga Caretta caretta, anche loro spesso vittime delle reti da pesca, riteniamo che sia urgente ripensare le politiche della pesca. E questo anche considerando che le ‘reti fantasma’, quelle abbandonate nei mari, sono spesso i killer invisibili di tartarughe, grandi pesci e cetacei».