Rotondi (FI): “Candidiamo Bruno Vespa a Sindaco di Roma”

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AgenPress. Qualche giorno fa l’ho buttata lì, con la noncuranza di chi sa di spararla grossa, ma sa che gli altri se la passano peggio: candidiamo Bruno Vespa a sindaco di Roma. Dico candidiamo per dire il senso di una scelta da condividere con il centrodestra, quel che ne resta, ma anche con qualcuno al di là del muro del bipolarismo. Pochi mi hanno preso sul serio, e dunque torno volentieri sul tema, viceversa assai serio, del sindaco di Roma che verrà.

Roma ha già un sindaco, che non è tutto il male che se ne racconta sui social e nell’informazione di regime. La Raggi è una donna civile e gentile, di buone letture e seria formazione professionale. Non è adeguata a fare il sindaco di Roma, semplicemente. Come molti suoi predecessori, del resto. Amministrare Roma è un’attività complessa, temeraria. Roma è con Londra la più estesa città d’Europa, dieci volte Milano e Napoli, per capirci. Muove numeri e interessi impressionanti. L’amministratore di un’azienda, banca, multinazionale titolare di numeri eguali riceve in busta paga qualche milione all’anno, il sindaco di Roma quattromila euro al mese. E che c’entra, dirà l’inclito e ipocrita popolo dell’antipolitica. E invece c’entra, perché nessuno è disposto a sfidare procure, corti dei conti, social e media per quattromila euro al mese. Nessuno -s’intende- tra quelli che avrebbero i titoli professionali e manageriali per amministrare la città più visibile e significativa del mondo (sissignori, lo scrivo al singolare perché è anche la capitale del cristianesimo e il contenitore di una quantità di opere d’arte e di ingegno maggiore della restante parte esistente nel pianeta).

Lo dico ancora più chiaramente: non si troverà nessuno in grado di amministrare Roma. Più che un sindaco, allora, serve un simbolo, una figura che segni una inversione di tendenza, un ribaltamento di prospettiva, un passaggio consapevole e addirittura rabbioso dal populismo antipolitico alla rivendicazione di un ruolo e di una missione per la capitale.

La Raggi è il sindaco che rappresenta una stagione che ha distrutto la politica. E’un simbolo coerente, almeno questo le va riconosciuto. Il tempo delle Raggi è stato preparato accuratamente e pazientemente: Tangentopoli, la separazione della politica dalle culture del Novecento, la Seconda Repubblica, il populismo, infine lo sberleffo grillino, e i rimedi peggiori del male populista, l’abolizione del finanziamento dei partiti, la criminalizzazione della professionalità politica, la teologia della ‘casta’, l’illusione che ‘uno vale uno’.

Ed eccoci qua, nel pantano della Terza Repubblica. Roma è la pozzanghera più vistosa: se la politica diventa un crimine, la capitale sarà per definizione una città a perdere. Roma ha sposato l’antipolitica, con un imperdonabile riflesso condizionato di tipo masochistico. Roma vive di politica, ma ha sposato le tesi di chi criminalizza il suo ‘core business’, come se Milano mettesse fuori corso la Borsa o il quadrilatero della moda.

Servirebbe una controrivoluzione, qualcuno capace di gridare che Roma vuol tornare a contare, vuol essere la capitale di un paese che corre, il crocevia di interessi ed affari che non sono malavita organizzata, ma il modo in cui una capitale fa il suo mestiere di capitale. Servirebbe un sindaco capace di imporre una legge speciale per la capitale, un rilancio delle sue infrastrutture, del suo abito istituzionale.

Vespa, appunto. Magari per un anno o due, senza prendere un euro di stipendio. Il tempo di avviare una controrivoluzione culturale di cui solo un giornalista può essere capace.

Naturalmente la mia idea è stata bocciata. Aspettate di conoscere le candidature che invece saranno approvate, e allacciatevi le cinture di sicurezza.

E’ quanto dichiara, in una nota, l’On. Gianfranco Rotondi Presidente della fondazione Dc e vicepresidente del gruppo Forza Italia alla Camera.

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