13 milioni le persone tra Kenya, Somalia e Etiopia in condizione di grave insicurezza alimentare

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AgenPress. «Siamo abituate a convivere con la fame, fin da piccole. Ma non avere nulla per sfamare tuo figlio è un’altra cosa». Ogni settimana, sfidando il caldo tipico della stagione secca, Ima, 20 anni da poco compiuti, percorre due ore di cammino per raggiungere il centro di salute materna e infantile di Burat, in Kenya, dove il suo bambino, gravemente malnutrito, riceve le cure dei medici. Jonathan, due anni appena, è uno dei piccoli pazienti del centro gestito da Cesvi nella Contea di Isiolo, nel Kenya centrale.

Il Paese, come il resto del Corno d’Africa, sta sperimentando una delle peggiori siccità degli ultimi decenni, dopo tre stagioni consecutive di piogge scarse. Si stima siano 13 milioni le persone tra Kenya, Somalia e Etiopia in condizione di grave insicurezza alimentare, 5.5 milioni i bambini affetti da malnutrizione acuta. La siccità ha decimato i raccolti (con perdite del 70%) e provocato una moria di capi di bestiame, a milioni, principale fonte di sostentamento delle famiglie.

Un mix letale

ll Corno d’Africa è un caso emblematico dove si concentra quel mix letale – clima, Covid, conflitti – che sta affamando il mondo. La siccità infatti è solo l’ultima emergenza in ordine di tempo a colpire popolazioni ancora alle prese con le conseguenze delle inondazioni del 2019, dell’invasione biblica delle locuste dello stesso anno, dei conflitti armati (Etiopia e Somalia), della pandemia da Covid-19.

Cesvi nel Corno d’Africa

I programmi per la salute materna e infantile non sono gli unici che l’organizzazione umanitaria ha messo in campo nella regione. Dal 2009 porta avanti numerosi progetti che mirano a promuovere la sicurezza alimentare, soprattutto di donne e gruppi vulnerabili, l’igiene e l’accesso all’acqua potabile. Più di recente ha avviato programmi per rispondere all’emergenza Covid-19: da un lato con interventi per arginare la diffusione del virus (stazioni per il lavaggio delle mani, campagne di sensibilizzazione e distribuzione di dispositivi di protezione) dall’altro con programmi di sostegno (Cash Assistance) concepiti per mitigare le conseguenze economiche della pandemia.

La campagna di immunizzazione

Il Covid-19 infatti ha ridotto drasticamente le fonti di reddito della popolazione. Solo in Kenya si stima siano 2 milioni le persone scivolate sotto la soglia di povertà a causa della pandemia. Intanto la campagna di immunizzazione arranca, come nel resto del Continente. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità appena l’11% della popolazione in Africa ha ricevuto il vaccino.

La liberalizzazione dei vaccini

In occasione del vertice Unione europea – Unione africana in corso a Bruxelles, Cesvi ribadisce la necessità di fornire subito una risposta alla grave crisi che ha colpito quest’area dell’Africa Subsahariana: «È urgente adottare un approccio multidimensionale con interventi a 360 gradi per affrontare problemi endemici di questa area come il cambiamento climatico e le carestie che conseguono, la fame e la malnutrizione, i conflitti e il Covid. La liberalizzazione dei vaccini, auspicabile e necessaria, da sola non potrà essere sufficiente: tutti i diversi fattori che impattano negativamente su questi Paesi devono essere trattati di concerto per fornire una risposta che possa essere in grado di accrescere la resilienza, l’empowerment e la sicurezza alimentare di queste comunità», commenta il vice direttore generale di Cesvi Roberto Vignola.

 

 

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