AgenPress – Ripreso a Tempio Pausania il processo, a porte chiuse, per violenza sessuale di gruppo che vede imputati Ciro Grillo (figlio di Beppe, fondatore di M5s), Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, nessuno dei quali è presente in tribunale.
La studentessa italo-norvegese, 19enne all’epoca dei fatti – la notte tra il 16 e il 17 luglio del 2019 -, ieri ha risposto alle domande del procuratore Gregorio Capasso e della parte civile rappresentata dagli avvocati Giulia Bongiorno e Dario Romano.
Un racconto drammatico: “Mi hanno costretta a bere, poi il black out. Ero paralizzata, non riuscivo a muovermi. E dopo la stupro – ha confessato – ho tentato più volte il suicidio”. Oggi invece è iniziato il contro esame delle difese, pronte a dare battaglia. “Ci saranno tutte le domande dei legali degli imputati e le contestazioni – ha spiegato l’avvocato Gennaro Velle, che difende Corsiglia – E’ importante valutare la credibilità della denunciante. Il processo si gioca sulla credibilità e l’attendibilità della ragazza – ha chiarito il legale – Certamente ci sono elementi di contraddizione rispetto alle dichiarazioni rese dall’altra ragazza e rispetto a elementi ulteriori, a cominciare dai contenuti dei telefoni”.
“Tutte le domande poste non vengono fatte per vittimizzare la denunciante”, dice l’avvocato Gennaro Velle, legale di Corsiglia, che insieme ai suoi colleghi della difesa sta procedendo al contro esame della presunta vittima dello stupro di gruppo, reato del quale sono accusati Ciro Grillo e 3 suoi amici genovesi, durante l’udienza a porte chiuse a Tempio Pausania. “Sono domande che servono per ricostruire i fatti – ha chiarito l’avvocato – quindi anche capire come fosse vestita ha un’importanza”. Stesso criterio per le chat: “perché si valuta l’attendibilità e la credibilità della testimone”.
Per il legale non c’è stata alcuna “vittimizzazione secondaria. La ragazza personalmente ha detto ‘io voglio rispondere a tutte le domande’”. La vittimizzazione secondaria è una forma di colpevolizzazione della vittima, un fenomeno per il quale le vittime di un reato, in particolare di violenza sessuale, subiscono una seconda aggressione. E a rendere la donna nuovamente vittima sono questa volta le istituzioni, i pregiudizi culturali e gli stereotipi.
Nelle prossime udienze del 13 e 14 dicembre ci sarà poi spazio a un video girato la notte della presunta violenza e che sarà probabilmente proiettato in aula: “Lo si sarebbe potuto vedere tutti insieme, senza la ragazza, poi all’esito di tutto si sarebbero potute fare le domande che residuavano”, ha chiarito ancora l’avvocata.
Replicando all’avvocata di parte civile Giulia Bongiorno, che assiste la studentessa italo-norvegese, Cuccureddu ha ribadito: “In una violenza sessuale in cui una assume di essere stata spogliata, un avvocato può esimersi dal chiedere come fosse vestita? A parte il fatto che su come era vestita c’erano anche delle fotografie, è stato chiesto su come era vestita solo per farle vedere quelle fotografie e confermare che il vestito fosse quello. La ragazza ha anche dato dei dettagli non richiesti, come sul materiale di cui era fatto il vestito”.