Oms. L’ospedale al-Shifa di Gaza City è come una “zona della morte”. Rimangono 291 pazienti e 25 operatori sanitari.

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AgenPress – Una squadra congiunta delle Nazioni Unite guidata dall’OMS ha valutato l’ospedale per un’ora dopo la sua occupazione da parte dell’esercito israeliano e mentre alcuni pazienti e coloro che cercavano rifugio hanno iniziato a evacuarlo.

La squadra umanitaria ha trovato una fossa comune all’ingresso, che secondo loro conteneva i corpi di 80 persone. Secondo il comunicato, l’ospedale, che nelle ultime sei settimane è rimasto senza acqua potabile, carburante, cibo o forniture mediche, presentava anche segni di bombardamenti e colpi di arma da fuoco.

Alcuni non possono o non vogliono lasciare Al-Shifa: rimangono 291 pazienti e 25 operatori sanitari. I danni e la mancanza di risorse chiave all’ospedale hanno fatto sì che “sostanzialmente smettesse di funzionare come struttura medica”, si legge nella dichiarazione dell’OMS, aggiungendo che i rifiuti medici e solidi erano ammucchiati nei corridoi. Le ferite di molti pazienti feriti erano gravemente infette a causa dell’assenza di misure igienico-sanitarie e di controllo delle infezioni in ospedale, ha affermato.

L’OMS ha affermato che sta cercando di organizzare l’evacuazione urgente dei restanti pazienti e del personale verso altre strutture a Gaza e ha ripetuto richieste di cessate il fuoco.

Nel frattempo, la Casa Bianca ha risposto a un articolo del Washington Post secondo il quale Israele, Hamas e gli Stati Uniti sarebbero sull’orlo di un accordo che prevederebbe il rilascio delle donne e dei bambini sequestrati da Hamas il 7 ottobre in cambio di cinque dollari.

Un portavoce della Casa Bianca ha detto che non è stato ancora raggiunto un accordo del genere, ma che si sta lavorando duramente per ottenerne uno.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha escluso un cessate il fuoco totale con Hamas e ha detto che prenderà in considerazione solo una tregua temporanea in cambio della restituzione degli ostaggi rapiti dal gruppo.

La dichiarazione aggiunge che i piani di evacuazione dei pazienti verso gli ospedali del sud vengono “sviluppati con urgenza” da parte delle organizzazioni umanitarie, ma la capacità di realizzarli è “in attesa delle garanzie di un passaggio sicuro da parte delle parti in conflitto”.

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