AgenPress. Molti amici mi scrivono per chiedere a che punto sia la nostra iniziativa di riaggregazione democristiana. La stampa tende a ignorare la questione democristiana, riducendola-nella migliore delle ipotesi- a un tema di interesse storico.
Invece nel mondo i partiti democristiani esistono e resistono. In Europa il PPE è formato in prevalenza da partiti di ispirazione cristiana, e in Germania la Cdu, storica gemella della Dc italiana, si avvia a ritornare al governo. L’Internazionale democristiana è ancora l’aggregazione di partiti più ramificata e presente nel mondo.

La Dc è sopravvissuta nei paesi in cui ha rappresentato uno dei due partiti in campo per la guida del governo. In Italia è stato così per decenni. Una spiegazione superficiale racconta che la Dc italiana è stata travolta dalla scomparsa dell’avversario storico, il partito Comunista.
Ma non è così: il PCI si è trasformato, non è scomparso. Tuttora il Pd è il primo partito della sinistra italiana. L’anomalia italiana è che la Dc non si è trasformata, non si è più posta come un’alternativa di governo alle sinistre, addirittura a un certo punto si è spaccata, e una sua corrente, quella più visibile mediaticamente, è confluita nel Pd.
Il risultato è che l’elettorato democristiano si è aggrappato a Berlusconi, fenomeno più duraturo e coriaceo di quanto sembrasse all’inizio degli anni novanta. Dopo il tramonto dell’astro di Silvio, non ci è stato alcun serio tentativo di ricostruzione di una forza popolare, e l’elettorato moderato si è radicalizzato a destra, prima con Salvini, poi con Giorgia Meloni.

E ora? Siamo al ‘che fare?’ di leniniana memoria (vale anche per noi democristiani, talvolta). Non vedo all’orizzonte un fenomeno di massa di impronta democristiana. Ma in politica le cose possono accadere all’improvviso, quando meno te l’aspetti. Tutto sta a preservarne la possibilità.
Penso che questa dovrebbe essere la missione dei democristiani ancora in campo: preservare una possibilità, sapendo che forse non ci riguarderà, che sarà un affare per altre generazioni.
Non è che in Italia non ci sia più nulla di democristiano. Già io rappresento in parlamento un partito ancora esistente, e chiamato proprio “Democrazia Cristiana”: ha proporzioni esigue, ma si presenta in tutte le elezioni amministrative e regionali, e alle elezioni politiche ed europee sostiene ‘Fratelli d’Italia’, nell’ottica di non disperdere voti sotto soglia dei quorum.

Esiste un altro partito democristiano, in lite con noi sul simbolo, è radicato solo in Sicilia, dove però raccoglie percentuali a doppia cifra. Esiste ancora, ed è presente in tutti i turni amministrativi, l’Udc di Lorenzo Cesa, titolare dello storico scudo crociato.
Ogni giorno esce ancora “La Discussione”, quotidiano fondato da Alcide De Gasperi. Operano -in campo culturale – numerose fondazioni intitolate a leader democristiani: Sturzo, De Gasperi, Goria, Donat Cattin, Sullo, per citare solo le più attive.

Esiste insomma una rete, ma disordinata. Potrebbe essere un network, se non un partito. Serve un luogo in cui preservare un futuro, una possibilità, una eventualità.
Ma bisogna volerlo davvero. Fin qui gli ultimi democristiani hanno preferito fare più cronaca che storia.
E’ quanto dichiara, in una nota, l’On. Gianfranco Rotondi presidente della DCR.
