Fatture false per oltre 10,5 milioni di euro. Denunciati 15 imprenditori cinesi

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AgenPress. I Finanzieri del Comando Provinciale di Pordenone hanno denunciato 15 imprenditori cinesi, tra cui i titolari di 13 imprese attive nel Friuli Occidentale, per la presentazione, nelle dichiarazioni fiscali, di costi relativi ad operazioni inesistenti per oltre 10,5 milioni di euro.

L’indagine, condotta dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Pordenone, è stata coordinata dall’Ufficio di Venezia della Procura Europea, l’EPPO (European Public Prosecutor Office), Autorità Giudiziaria competente a perseguire i reati di carattere economico-finanziario che attentano alle risorse dell’Unione Europea.

Partendo da una approfondita analisi di contesto del territorio pordenonese, è emerso che 13 aziende locali, gestite da cittadini cinesi, avevano inserito, nella loro contabilità, fatture, per oltre 10,5 milioni di euro (cui corrisponde un’IVA pari a 5,5 milioni di euro), emesse da una serie ricorrente di operatori economici – per gran parte attestati in Lombardia – formalmente intestati a loro connazionali ma, in realtà, riconducibili ad un’unica regìa.

Le indagini condotte dalle Fiamme Gialle – sia sul campo che attraverso l’esame di migliaia di documenti contabili, doganali e fiscali e centinaia di rapporti bancari e finanziari – hanno permesso di appurare che le decine di fornitori altro non erano che “scatole vuote”, create per il solo fine di evadere l’IVA e abbattere il risultato d’esercizio su cui le “clienti” pordenonesi avrebbero dovuto pagare le imposte dovute allo Stato.

Le centinaia di fatture incriminate, dovevano, infatti, documentare l’acquisto, da parte delle 13 aziende denunciate, di abbigliamento e altra merce in realtà proveniente – con canali non tracciati – dalla Repubblica Popolare Cinese, ostacolandone, agli Organi accertatori, la reale ricostruzione del percorso per l’inesistenza, in Italia, di ogni struttura o riferimento.

Lo schema fraudolento è, infatti, quello tipico di una “frode carosello”, in cui le aziende fornitrici non hanno sedi operative e/o logistiche né dipendenti; sono formalmente gestite da persone che, sino a poco prima (quando lavoravano) erano semplici fattorini o camerieri; risiedono agli stessi indirizzi e/o si affidano ai medesimi consulenti e, soprattutto, incrementano, in pochi mesi – senza mai versare imposte – il proprio volume d’affari, da pochi spiccioli a decine e decine di milioni di euro.

Le transazioni venivano inizialmente pagate con modalità tracciabili ma il denaro finiva, poi, all’estero, essenzialmente in Cina, così da celare l’effettivo beneficiario della frode.

I 14 amministratori delle 13 società sono stati denunciati per dichiarazione fraudolenta con uso di fatture false, mentre il principale ideatore della frode, un altro cittadino cinese, è stato segnalato per l’emissione dei documenti soggettivamente inesistenti.

All’Agenzia delle Entrate i Militari del Nucleo P.e.f. hanno segnalato un abbattimento della base imponibile IRES di oltre 10,4 milioni di euro ed un’evasione d’IVA di oltre 5,5 milioni di euro, proponendo la cessazione della partita IVA per le società “fittizie” coinvolte nella frode.

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