AgenPress – L’aliquota sulle plusvalenze da Bitcoin e altre cripto era stata in origine innalzata dall’attuale 26% al 42%, suscitando polemiche per chiedere ai legislatori di non proseguire su una tassazione così punitiva.
L’emendamento che ha eliminato l’aliquota al 42%, riportandola al 26%, ha però stabilito che aumenterà al 33% dal 2026.
L’aliquota resta, quindi, al 26%, con un gettito “almeno pari a quello attualmente incassato” cioè 27 milioni di euro, e salirà invece a 34,3 milioni di euro dal 2026, quando l’aliquota salirà al 33%.
E’ quanto emerge dalla relazione tecnica della legge di bilancio. La relazione si basa sull’ipotesi che circa la metà del controvalore delle operazione effettuate nel 2023 sia riferibile ad investitori attualmente esenti. E si considera prudenzialmente un rendimento del 5% (anche se nel 2024 le plusvalenze hanno raggiunto fino al 20%).
I dati indicano che il controvalore di cripto complessivo detenuto presso i prestatori di servizi italiani al 30 giugno 2024 è pari a circa 2,25 miliardi di euro e il valore medio delle criptovalute detenute dai clienti è pari a circa 1,6 miliardi di euro. Un dato che mostra come la maggioranza dei detentori possiede patrimoni modesti, destinati a generare plusvalenze verosimilmente inferiori alla franchigia di 2.000 euro attualmente vigente. Il controvalore medio delle operazioni è, infatti, di circa 967 euro.