Marcello Fiori (Inail) a L’Italia che abiteremo by Remind: “La qualità dell’abitare è salute. Anche nei luoghi di lavoro”

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AgenPress. Ringrazio Remind per aver organizzato questa iniziativa, perché per noi, in qualità di investitori e anche di coloro che hanno a cuore la possibilità di costruire patrimonio immobiliare pubblico, questo è un momento di riflessione importante. E’ quanto dichiara Marcello Fiori Marcello Fiori Direttore Generale Inail.

Fondamentalmente, noi, dopo gli anni Novanta, ci occupiamo esclusivamente di patrimonio immobiliare pubblico, legato o all’edilizia sanitaria – dobbiamo ora investire circa 8 miliardi in nuove opere sanitarie per conto delle Regioni – oppure in patrimonio immobiliare da destinare alle pubbliche amministrazioni. Non ci occupiamo più dell’edilizia privata. Però questa è comunque una grande responsabilità, perché presuppone una visione della città, della qualità della città, della qualità dell’abitare, che è il tema dominante della riflessione di oggi.

Renato Loiero, Marcello Fiori, Paolo Crisafi e Tommaso Tanzilli

Però io ve ne aggiungo un’altra. Perché, in realtà, noi continuiamo ad essere — in ogni momento della nostra vita — cittadini o cittadine che, dentro il luogo di lavoro, passano la maggior parte della propria giornata. E noi stiamo tentando di approcciare questo anche in termini di quello che l’OMS chiama total health: cioè, la qualità dell’abitare dei luoghi che uno frequenta è un pezzo della propria vita e della propria salute. Siccome noi abbiamo a cuore, per Regio, per statuto, per mission, la qualità della salute di chi ha un lavoro, questo non è un tema secondario. A volte lo dimentichiamo, ma forse è il tema dominante. Cioè: il modo in cui noi abitiamo — i luoghi residenziali, i luoghi del lavoro, i luoghi anche dello svago — è fondamentale per la tutela e l’integrità del nostro concetto di salute, che non è l’assenza di malattia, ma la qualità psicofisica di una persona. Quindi: creare le condizioni affinché, in tutte le situazioni di vita, quella persona possa esprimere al meglio le proprie competenze, le proprie capacità, il proprio approccio con la vita. Invece noi prendiamo questi luoghi come luoghi di transizione. Invece credo che, anche in termini di progettazione di questi spazi e del loro utilizzo, si possa fare di più.

Faccio un esempio che riguarda la sanità nei momenti di emergenza, quando andiamo al pronto soccorso. Il pronto soccorso generalmente è il luogo più brutto di un ospedale. Arrivi, non capisci niente. Non c’è quasi mai un’indicazione coerente, non sai dove può attendere un familiare, non capisci che fine ha fatto il tuo familiare, chi l’ha preso in carico. Spesso sono luoghi freddi. Io credo che il luogo dell’emergenza dovrebbe essere il luogo migliore del mio ospedale, non il luogo peggiore. Perché è il momento di maggior bisogno, di maggiore fragilità. Eppure, questi spazi oggi non vengono quasi mai progettati. Noi ci stiamo sforzando, nei nostri nuovi progetti di edilizia sanitaria, di portare un approccio nuovo, perché riteniamo che anche gli ospedali pubblici anzi, a maggior ragione gli ospedali pubblici debbano esprimere qualità anche da questo punto di vista. E la debbano esprimere proprio nel momento di maggiore difficoltà e fragilità di chi li utilizza. E riteniamo anche che la qualità della progettazione delle strutture sanitarie debba fare un salto di qualità mettendo al centro i pazienti e i familiari oltre alla componente sanitaria fatta di medici, infermieri, tecnici, specialisti; così come al centro delle città andrebbero rimessi i cittadini e la loro qualità della vita.

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