Covid. Cure a casa. Tar Lazio dà ragione ai medici, non spetta a loro. Soddisfazione dell’Ordine

AgenPress “L’affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid” risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Per questo il Tar del Lazio ha parzialmente accolto un ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani contro alcuni provvedimenti della Regione Lazio.  Per effetto delle decisioni regionali “i Medici di Medicina Generale – precisa il Tar – risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca)”.  Per il Tar i medici verrebbero “pericolosamente distratti dal compito di prestare l’assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi”.  

Piena condivisione delle motivazioni con le quali i Giudici del Tar Lazio hanno determinato che l’affidamento ai Medici di Medicina Generale del compito di assistenza ai malati Covid risulta in contrasto con la normativa emergenziale”.

Ad esprimerla, il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli.

I Giudici hanno ribadito – spiega Anelli – che l’assistenza domiciliare ai malati Covid è il compito precipuo delle Usca, così come previsto dal DL 14/2020secondo cui “Al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano istituiscono, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, presso una sede di continuità assistenziale già esistente una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero”. Tale previsione è stata poi replicata in modo identico nell’art. 4-bis del D.L. 17.3.2020 n. 18, il cosiddetto “Cura Italia”, poi convertito nella Legge 27/2020”.

È evidente che la ratio del legislatore d’urgenza era quella di attribuire in maniera precisa compiti e funzioni assistenziali: alle USCA, unità operative attrezzate con i necessari dispositivi di protezione e con l’adeguata strumentazione, l’assistenza domiciliare ai malati di Covid; ai Medici di famiglia l’assistenza ai pazienti cronici e ai pazienti con acuzie non dovute al Covid” argomenta.

Come abbiamo detto e ribadito in più occasioni, il Covid non ha mandato in lockdown le altre patologie – aggiunge – e i Medici di famiglia devono poter essere messi nelle condizioni di curare nel migliore dei modi tutti i loro pazienti. In studio e con visite a domicilio i non Covid, ivi compresi i 26 milioni di malati cronici; attivando i protocolli per i 681756 pazienti Covid domiciliati, continuando a seguirli telefonicamente e, ove possibile, con la telemedicina”.

Questa sentenza è la miglior risposta a notizie allarmistiche e infondate diffuse nei giorni scorsi, che dipingerebbero i medici di Medicina Generale, dopo averli esaltati come eroi, quasi come disertori – continua -. Notizie che ci amareggiano sino alle lacrime, e che possono essere smentite, in maniera per noi ancora più significativa, da ciascuno dei nostri pazienti, che ci chiamano senza limiti, da parte nostra, di disponibilità e di tempo, anche solo per un consiglio, una rassicurazione, una parola di conforto”.

Se non bastasse, a ricordarci il prezzo pagato dalla medicina di famiglia per aver tenuto fede ai propri valori, primo tra tutti quello della prossimità al paziente che li sceglie e instaura con loro una relazione di cura, c’è l’elenco dei medici caduti che teniamo, come memoriale, sul Portale Fnomceo: dei 192 medici caduti per il Covid, dei quali 13 nella seconda ondata, dal 1° ottobre ad oggi, più della metà erano medici di medicina generale – afferma ancora -. Medici che non si sono tirati indietro, e hanno continuato a curare, prima in carenza dei Dispositivi di protezione, ora supplendo, con la buona volontà, a carenze organizzative”.

Chiediamo dunque alle Regioni che applichino le Leggi uniformemente su tutto il territorio nazionale,  attivando le Usca, e utilizzandole per i loro compiti, senza distrarle su altre funzioni – conclude -. Non deve essere la Professione medica, non devono essere le altre Professioni a subire le conseguenze delle disfunzioni organizzative dei sistemi sanitari”. 

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