Sperimentazione animale. Ecco cosa accade nei laboratori finanziati da tutti noi

AgenPress – Il 24 aprile è la Giornata internazionale degli animali “da laboratorio”.
Sono 600 mila quelli usati ogni anno solo in Italia, in un sistema basato su procedure non sempre trasparenti in fase di autorizzazione e finanziamento dei progetti, su controlli non efficaci negli stabulari, sull’assenza di fondi significativi per sviluppare metodi alternativi all’uso di animali.

Abbiamo analizzato in cinque punti come funziona la sperimentazione animale oggi in in Italia.


1 – Trasparenza delle procedure

È un diritto dei cittadini sapere cosa accade dietro la porta dei laboratori, il cui lavoro è finanziato dalle tasse di tutti.

Il principio di trasparenza è un punto cardine della legge che regola la sperimentazione animale, ma viene davvero rispettato?
Usare un animale in una procedura scientifica dovrebbe essere, secondo quanto prevedono le norme, l’ultima possibilità da prendere in considerazione, ma chi concepisce l’esperimento e lo esegue, non ha, quasi mai, le necessarie competenze in materia di metodi alternativi.
Così i fondi destinati alla ricerca sono fagocitati da ricerche che fanno uso di animali, fondi che, spesso, arrivano prima che il Ministero autorizzi il progetto!

Chi ha il compito di valutate i progetti di ricerca, poi, fa parte, nella maggior parte dei casi, degli stessi istituti che li propongono, dando origine a un grave conflitto di interessi.

Ma c’è di più: chi deve garantire il rispetto degli standard di benessere degli animali sono gli stessi sperimentatori che eseguono le procedure, in un sistema totalmente autoreferenziale!

Il Ministero della Salute aveva istituito un tavolo di lavoro per i metodi alternativi, ma i report su quanto fatto non sono mai stati resi noti.

E’ in “gioco” la vita e il dolore di milioni di esseri senzienti, non è più possibile accettare la mancanza di trasparenza nel sistema di autorizzazione e finanziamento dei progetti di ricerca.

 


2 – La condizione degli animali nei laboratori

Il benessere degli animali nei laboratori non può essere considerato un aspetto di secondaria importanza, sia nel corso dell’esperimento che durante la, triste, “vita” che gli animali passano dietro le sbarre.

Lo ha confermato anche il Consiglio di Stato che ha accolto quanto sostenevamo nel ricorso per liberare i macachi di Parma, affermando che lo stato di salute fisico e psicologico degli animali non fosse adeguatamente monitorato.

Chiediamo che sia personale competente a valutare il protocollo farmacologico, e la necessaria prevenzione del dolore.

Vogliamo che siano rispettate le norme che prevedono la possibilità per gli animali di potersi esprimere con comportamenti tipici della loro specie, spazi adeguati per il movimento, non gabbie in cui l’animale praticamente gira solo su sé stesso. Ribadiamo la necessità di verificare la presenza di arricchimenti ambientali (le gabbie, nonostante linee guida internazionali e direttive, continuano ad essere ambienti vuoti dove, ad esempio, un animale notturno non può nemmeno ripararsi dalla luce del giorno), e alimentazione adeguata e specie specifica.

Siamo stanchi di sentirci dire, da chi usa gli animali negli esperimenti, che i laboratori sono posti perfetti: la realtà è che  tutte le volte che le telecamere sono riuscite ad entrare di nascosto negli stabulari hanno dimostrato esattamente il contrario.

 


3 – Competenza degli sperimentatori e dei valutatori

7 anni fa entrava in vigore la legge che regola il benessere degli animali da laboratorio, ma il Ministero non ha ancora emanato il decreto che stabilisce i criteri per formare il personale dedicato.

Questo vuol dire che anche un laureato in fisica può lavorare con gli animali, anche se non sa distinguere il dolore di un topo da quello di un cane!

Che le competenze specifiche non siano mai state una priorità lo dimostra anche il fatto che a Parma il responsabile degli interventi chirurgici sui macachi della ricerca Light-up è uno psicologo, e anche che chi doveva valutare il progetto era specializzato in igiene degli alimenti.

Competenze specifiche che dovrebbe avere anche chi valuta le condizioni degli animali negli stabulari: proprio nello stabulario di Parma secondo le ispezioni, gli animali stavano bene (perché avevano anche un TV per vedere i cartoni animati!), e gli ispettori non hanno reso noto che due animali erano talmente malati da dover essere restituiti. Animali di cui, ancora oggi, non si conosce la fine.

Anche su questo punto il Consiglio di Stato ci ha dato ragione: le due macache malate potevano essere liberate e trasferite in un centro di recupero, ma anche il decreto sulla dismissione degli animali è fermo in un cassetto e a pagarne le conseguenze sono sempre gli animali.

Competenza e formazione specifiche di chi lavora con gli animali nei laboratori, ma anche di chi deve valutare le condizioni in cui sono tenuti negli stabulari, sono indispensabili!

 


4 – Il divieto fantasma

È stabilito per legge dal 2014: in Italia non si possono usare animali per testare droghe, alcol e tabacco. A distanza di 7 anni, però, questo divieto è stato rimandato troppe volte.

Ora è slittato al 30 giugno 2022. Cosa ha fatto il Ministero della Salute in 7 anni per prepararsi alla scadenza? Quali investimenti ha previsto, in questo settore, sui metodi alternativi?

NULLA! Anzi, nel report del 30 giugno 2020 il Ministro afferma che non si può fare a meno della ricerca con gli animali in quest’area. Eppure, nello stesso report solo tre pagine sostengono l’uso di animali, mentre sono ben 10 quelle a favore dei metodi alternativi: perché sono state ignorate?

Nel campo cosmetico, il divieto internazionale ha portato ad enormi investimenti che hanno permesso lo sviluppo di rapidi, efficaci e sicuri test, con brevetti multimilionari:  perché non è stato fatto anche per i test per le sostanze d’abuso?

Non si fa nulla per sviluppare modelli innovativi e animal-free per poi lamentarsi che non esistono modelli alternativi agli animali.

Manca poco più di un anno all’entrata in vigore del divieto di test animali per le sostanze d’abuso: bisogna sostenere lo sviluppo e il ricorso a metodi alternativi, subito!

 


5 – La ricerca “a fondo perduto”

Siamo ancora in piena emergenza sanitaria, ma l’Italia si permette di buttare via 2 milioni di euro! Sono i fondi del 2020 previsti nello stanziamento di 6 milioni di euro per la ricerca alternativa per il triennio 2020-22, gettati via e dimenticati.

Si tratta di briciole se confrontate con quanto fatto dai Governi di altri Paesi, ma è fondamentale che i fondi previsti per il 2021/2022 siano resi subito disponibili. La ricerca human-based è cruciale per uscire dall’incubo mondiale che stiamo vivendo e basta una firma per implementare questi modelli sostenendo la ricerca italiana, che soffoca rispetto ai contesti internazionali.

Dei 500 mila, miseri, euro previsti dal 2014 al 2016 per le alternative, non c’è notizia.
Come sono stati spesi? Ce lo chiediamo insieme ai cittadini, ma, soprattutto, se lo chiedono quei ricercatori che, in numero sempre maggiore, sono impegnati nelle alternative, e che si vedono costretti a cercare all’estero un riconoscimento per il loro lavoro. Dobbiamo tutelare la ricerca e i malati, non gli sperimentatori ancorati al passato, abituati a celarsi dietro a un muro impenetrabile e omertoso.

2 milioni di euro previsti per il 2020 sono andati persi, bisogna stanziare subito i restanti 4 milioni di euro, previsti per il 2021 e 2022!


COSA CHIEDIAMO AL MINISTRO DELLA SALUTE

Questi punti sono stati fatti propri da parlamentari di diversi orientamenti politici, che hanno presentato sei interrogazioni al Ministro Speranza


PER LA RICERCA C’E’ SPERANZA?

Ministro Speranza, i fondi per la ricerca senza animali ci sono.

Per non perderli ancora
basta una sua firma.

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