AgenPress – E’ morto all’era di 91 anni Mikhail Sergeevich Gorbaciov, segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1991ed ex Presidente dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il premio Nobel per la Pace. Soprattutto, l’uomo che più di ogni altro credette nella possibilità di riformare l’Unione Sovietica a partire dalla perestrojka (la ristrutturazione dei suoi meccanismi interni) e dalla glasnost’ (la trasparenza dei processi decisionali) fino a farne un Paese in pace con l’Occidente e avviato sulla strada di una concreta modernizzazione.
Appena entrato in carico lancia, infatti, un processo di riforme noto come ‘Perestrojka’ (in russo ricostruzione) che trasformerà radicalmente le dinamiche politiche interne ed i rapporti di Mosca con gli altri paesi, aprendo in pratica al dialogo con l’Occidente. Di straordinaria importanza gli accordi per la riduzione dell’arsenale nucleare firmati con il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. La sua azione politica portò alla fine del lungo periodo di guerra fredda cominciato subito dopo il secondo conflitto mondiale e, in ultima istanza, alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Premio Nobel per la Pace per aver posto fine alla guerra fredda, ha espresso vergogna per le decisioni di Vladimir Putin, nell’azione politica e militare del suo governo. Egli afferma “Vladimir Putin e Dmitrij Medvedev governano con la paura”.
Putin “mi sembra malato di presunzione. Tutti mi dicono che non ha più importanza, perché lui è già Dio o, come minimo, il vice di Dio in terra, anche se non so per che cosa…”. diceva alla presentazione di un suo libro nel 2014.
Gorbaciov apprezzava la capacità dell’attuale presidente di assicurare la “stabilizzazione della situazione dopo Eltsin, quando la sfida era salvare la Russia dalla disintegrazione”, e sostenne alcune delle scelte strategiche più importanti, come l’annessione della Crimea (“storicamente giusta e legittimata dalla volontà popolare”) e la sfida all’allargamento a est della Nato, definito come una “violazione dello spirito degli accordi per la riunificazione della Germania”. Allo stesso tempo però criticava duramente l’atteggiamento autoritario e l’accentramento del potere.
Si è sempre lamentato Gorbaciov, che dopo la fine della Guerra fredda i leader occidentali non seppero costruire una nuova architettura della sicurezza in Europa. E che nell’umiliazione inflitta alla Russia negli anni Novanta affondino le radici del revanscismo neo-imperiale di Vladimir Putin.
La sua ferma convinzione che ogni nazione dovesse decidere da sé il proprio destino, riassunta da un suo collaboratore nella cosiddetta “dottrina Sinatra” citando la celebre My Way, è l’esatto opposto della pretesa dell’attuale leader del Cremlino di poter imporre lui, a suon di cannonate, cosa debbano essere un Paese e un popolo.
Negli anni, non sono mancate le critiche di Gorbaciov a Putin, a partire dagli attacchi al suo partito Russia Unita, che, ebbe a dire, “somiglia alla peggior copia del Pcus”. Di più: il presidente russo, aggiunse, è “circondato da leccapiedi”. Ma nonostante l’uso di “metodi autoritari, l’obiettivo di Putin ha incrociato gli interessi della maggioranza”.