AgenPress – Nella prima metà del 2023 il commercio mondiale è stato frenato dal rallentamento delle grandi economie esportatrici di manufatti, quali la Cina e la Germania. La fase ciclica sarebbe ancora debole nella restante parte di quest’anno, tuttavia le maggiori organizzazioni internazionali prospettano un forte recupero degli scambi internazionali nel 2024; il Fondo monetario internazionale prevede una crescita del commercio mondiale del 3,5 per cento il prossimo anno contro lo 0,9 del 2023.
L’aspettativa di questa forte ripresa degli scambi a livello globale costituisce un’ipotesi chiave a supporto del quadro macroeconomico del Governo, in particolare con riferimento all’accelerazione del PIL dell’Italia nel 2024.
Nel terzo trimestre il PIL dell’Italia è rimasto invariato, sia in termini congiunturali sia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; anche l’area dell’euro ha registrato una dinamica congiunturale sostanzialmente piatta, per cui il differenziale positivo del PIL rispetto ai livelli pre-pandemici si mantiene in Italia maggiore di quello delle principali economie dell’area.
Il ristagno dell’attività produttiva in Italia si è accompagnato a una riduzione dell’inflazione, scesa sotto il due per cento. Nel nostro Paese il PIL non si espande, in media, da circa un anno. La produzione è frenata, oltre che dal rallentamento del commercio mondiale, dal netto deterioramento della domanda interna. I consumi delle famiglie sembrano avere esaurito la fase di recupero successiva alla pandemia, il processo di accumulazione sconta il peggioramento delle condizioni di credito e i consumi pubblici hanno cominciato a riassorbirsi, dopo il forte incremento registrato nel 2022. Riguardo alle dinamiche dei prezzi, l’inflazione al consumo si è più che dimezzata, scendendo all’1,8 per cento in ottobre; la consistente diminuzione dell’inflazione è in gran parte ascrivibile alla flessione in ragione d’anno dei prezzi dei beni energetici, che si confrontano con i picchi del 2022. Si riduce al contempo, ma meno velocemente, l’inflazione dei beni alimentari, a beneficio delle famiglie meno abbienti.
Le previsioni macroeconomiche ufficiali, validate dall’UPB il mese scorso in occasione dell’audizione sulla NADEF 2023, restano nel complesso accettabili per il 2023 mentre sono nettamente aumentati i rischi al ribasso per l’anno prossimo. Successivamente alla presentazione del DPB l’Istat ha rilasciato i dati preliminari sul PIL per il terzo trimestre del 2023, risultato stazionario rispetto al periodo precedente; la variazione acquisita per il 2023 è comunque dello 0,7 per cento, quindi solo marginalmente inferiore rispetto alla previsione del MEF (0,8 per cento) per il PIL dell’anno in corso. Gli obiettivi di crescita del Governo per il 2024 sono raggiungibili, posto che siano verificate le attese di un consistente rimbalzo della domanda estera e che avanzino speditamente i progetti del PNRR.
Le previsioni macroeconomiche ufficiali sul PIL si collocano nella fascia alta delle attese rispetto a quelle di altre istituzioni e analisti privati, che spesso incorporano valutazioni più caute sulla realizzazione delle opere previste dal PNRR.
In questo quadro il PNRR ha un ruolo centrale per il sostegno all’economia e la sua attuazione non può più essere rinviata. Secondo stime dell’UPB il pieno avanzamento dei progetti del Piano fornirebbe uno stimolo all’attività economica poco inferiore a quello prefigurato dal MEF, ma comunque determinante per lo sviluppo nel prossimo biennio. Nel 2026, anno in cui si dovrebbe completare il programma europeo RRF, secondo stime dell’UPB il livello del PIL dovrebbe essere più elevato nell’ordine di 2,5 punti percentuali grazie alla piena realizzazione delle opere previste. Affinché tale risultato sia raggiunto occorre avanzare speditamente con l’attuazione degli interventi; la concentrazione delle opere nei prossimi due anni, oltre a ridurre i margini di ulteriori rinvii, potrebbe alimentare strozzature nell’offerta.
Sullo sfondo restano, oltre a possibili criticità legate all’integrale ed effettivo utilizzo dei fondi del PNRR e alla realizzazione del connesso programma di riforme, una serie di rischi di natura esterna: rischi legati alle guerre in atto alle porte dell’Europa, alle prospettive della Germania, del commercio mondiale e sulla persistenza dell’inflazione, rischi finanziari e connessi all’intonazione delle politiche monetarie.