25 Aprile. Discorso del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Victor Fadlun

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AgenPress. Siamo qui anche oggi. Anche quest’anno. Con sobrietà, ma con fermezza. Decisi nella volontà di esserci, nel rinnovare la gratitudine verso chi ha difeso la nostra libertà e quella di tutti gli italiani.

La memoria non è mai solo un rito. E il 25 Aprile è la nostra data. Perché la libertà, prima di essere un diritto, è stata una conquista. E noi, gli ebrei di Roma, a quella conquista abbiamo partecipato.

Nel 1938, le leggi razziali ci hanno espulsi dalle scuole, dal lavoro, dalle università. Il 16 ottobre 1943 hanno portato via intere famiglie. Ma c’è stato chi non si è arreso e ha scelto di resistere. Ottocento ebrei italiani nelle file partigiane. Un numero enorme. Un atto di coraggio e di amore.

Ricordo fra gli altri Bruno Dell’Ariccia, sfuggito alla retata del 16 ottobre, che si unì ai partigiani a Tivoli. Alberto Terracina, nella Resistenza dei Castelli Romani, che combatté tra Genzano, Lanuvio e Velletri, fino alla liberazione di Roma. Piero Cividalli: nel 1939, fuggì dall’Italia con la famiglia per le leggi razziali. A diciannove anni, si arruolò volontario nell’esercito britannico. Si addestrò in Egitto, pronto a tornare nella sua terra per combattere i nazifascisti. Il suo volto è stato a lungo quello dell’ultimo sopravvissuto italiano della Brigata Ebraica.

La Brigata Ebraica che sbarcò a Napoli già nel settembre 1943, costruendo ospedali e dando rifugio ai profughi. Che entrò a Roma nel giugno ’44 con la stella di Davide cucito sulla divisa. Che portò, dal campo di Ferramonti fino a Milano, l’Aron HaKodesh.

Nessuno potrà toglierci la libertà di onorarli. Di raccontare, spiegare, ricordare. E noi ricordiamo bene!

Il 25 Aprile è questo.

È memoria.

È riconoscenza.

È identità.

È dire grazie ai partigiani – ebrei e no.

Agli americani, agli alleati.

Ai giusti.

A chi ha difeso le vite umane a costo della propria.

Ma oggi il 25 Aprile è anche un confine.

Dopo il 7 ottobre, abbiamo visto riemergere l’antisemitismo. Sui muri, nei social, nelle piazze, perfino nelle istituzioni.

Al dolore e all’orrore è seguito il sospetto. Al pogrom, la solitudine.

Ma noi non arretriamo. Non accettiamo ambiguità. Non confondiamo carnefici e vittime. Non permettiamo che la memoria venga distorta o strumentalizzata. O, peggio, ribaltata e usata contro di noi.

Ringraziamo le forze dell’ordine, le istituzioni, chi protegge i nostri diritti ogni giorno. Chi ci è vicino non solo quando è facile, ma quando è giusto.

Perché noi siamo gli ebrei di Roma.

E non dimentichiamo nulla.

Ogni 25 Aprile ci saremo.

A volto scoperto. A testa alta.

Senza nasconderci, senza avere paura di essere quello che siamo.

Uniti per la libertà!

 

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