AgenPress. Gli scontri sono esplosi il 24 luglio nell’area attorno al tempio conteso di Prasat Ta Muen Thom (Ta Moan Thom) lungo il confine tra Thailandia e Cambogia e ha provocato almeno 16 vittime, tra cui civili e militari.
Le autorità thailandesi stimano oltre 120.000–140.000 persone evacuate dalle province di Surin, Sisaket, Buriram e Sa Kaeo, mentre in Cambogia circa 4.000 persone sono state evacuate nella provincia di Oddar Meanchey.
Il 24 luglio è scoppiato l’incendio a seguito della presenza di droni e soldati cambogiani vicino al tempio, con fuoco incrociato e successive bombardate con razzi BM‑21 e impiego di artiglieria. La Thailandia ha reagito con attacchi aerei di F‑16, distruggendo obiettivi militari cambogiani tra cui depositi di munizioni e carri armati. Entrambi gli schieramenti si accusano reciprocamente di attacchi a bersagli civili, ospedali e siti storici, configurando possibili crimini di guerra.
La Thailandia ha richiamato il proprio ambasciatore da Phnom Penh ed ha espulso quello cambogiano, oltre a dichiarare la situazione sotto legge marziale in otto distretti di confine.
Bangkok insiste su una soluzione bilaterale e ha respinto la mediazione da parte di terzi (ASEAN, ONU, Stati Uniti, Cina).
Il primo ministro cambogiano Hun Manet ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza ONU, accusando la Thailandia di aggressione deliberata.
Il conflitto sta causando danni economici rilevanti: turismo e commercio transfrontaliero sono bloccati. L’economia cambogiana, più vulnerabile, è destinata a subirne le conseguenze più gravi.
La crisi minaccia di sfuggire al controllo: gli esperti avvertono di un possibile riflusso di di rifugiati e di una destabilizzazione regionale.
Il premier ad interim thailandese Phumtham Wechayachai minimizza il rischio di guerra, definendo gli scontri “skirmishes armate, non una guerra”, pur mantenendo la porta aperta al dialogo dopo il cessate il fuoco di Cambogia.
Tuttavia, i diplomatici cambogiani respingono trattative bilaterali, chiedendo risposte internazionali e riconoscendo il rischio escalation se l’ONU non interviene.
La situazione tra Thailandia e Cambogia è sul punto di diventare un conflitto aperto, con decine di morti, centinaia di migliaia di sfollati, e una tensione politica e sociale in continua crescita. Sebbene gli effettivi affrontamenti non siano ancora ufficialmente una guerra, l’impiego di armamenti pesanti, attacchi a siti civili, e il rifiuto della mediazione internazionale suggeriscono che il conflitto potrebbe intensificarsi rapidamente, senza un intervento diplomatico urgente.